di Bernardo Monti

Questa pubblicazione curata dall’Associazione Culturale 4° Stormo fa parte della collana “Ali nella Storia” che vuol mantenere vivo il ricordo di un Reparto, dei suoi uomini e di un aeroporto che hanno lasciato una importante testimonianza della Storia dell’Aviazione Italiana. Fulvio Chianese, Carlo d’Agostino e Roberto Rossetti si sono occupati della revisione dei diari e dei ricordi messi a disposizione dalle famiglie dei piloti.

La guerra è una cosa orrendaMa la cosa peggiore è che unoStato dai sentimenti morali e patriottici degradati e in sfacelo,pensi che niente sia peggioredella guerra.Un uomo cui non importi nulla al di fuori della propria salvezzapersonale è una creatura miserabile, che non ha alcuna speranza di diventare libero,a meno che non venga reso e mantenuto libero da uominimigliori di lui.John Stuart Mill(XIX secolo) i morti muoiono di più…..L’arpa birmana – film 1956regia di Kon Ichikawa(parole del protagonista serg. Mizushima)

Presentazione: 
Questo libro è dedicato alla Bandiera del Quarto Stormo Caccia. Si può dedicare un libro ad una Bandiera e per di più ad uno stendardo di guerra? La dedica è un pensiero riconoscente ad un amore, ad un affetto, spesso a chi non c’è più, ma ha lasciato una traccia profonda nella nostra vita. Ebbene, quando ancora mi capita di assistere al passaggio del Tricolore in testa ad un picchetto di militari, provo ogni volta un brivido e una forte emozione! Quando il comandante Fulvio Chianese mi ha pregato di scrivere qualcosa sulla vita di mio padre per l’Associazione Culturale 4° Stormo di Gorizia, confesso di aver avuto qualche dubbio. Raccontare episodi di guerra in tempi, più che di pace, di pacifismo, non è di certo di grande attualità. Mi sono anche chiesto se, quello che avrei poi pubblicato, avrebbe potuto interessare qualcuno di più al di fuori di una ristretta cerchia di conoscenti o di addetti ai lavori. Ho anche pensato alle difficoltà che avrei incontrato nel mettermi a scrivere di cose aeronautiche. Poi, piano, piano, è cresciuta in me la consapevolezza che tutti i ricordi che possedevo: foto, filmati, documenti di quel periodo ormai consegnato alla storia potessero, col tempo, essere dimenticati o, come spesso mi dice Fulvio, finire mestamente in qualche bancarella di cianfrusaglie. Chi non sa coltivare la memoria del passato, non avrà mai un gran futuro, perché questo si costruisce anche col rispetto delle generazioni che ci hanno preceduto. Ho pensato alle mie nipotine che stanno per nascere e a quei nipoti che verranno e che avranno ricordi dei quali, da grandi, potranno essere orgogliosi. Così mi sono messo a battere sui tasti del computer riuscendo a mettere insieme un po’ di pagine nelle quali non c’è posto per l’esaltazione fine a se stessa della guerra, ma per il ricordo del sacrificio di tanti giovani piloti di entrambe le parti prima in Spagna e nel secondo conflitto mondiale. Poi è cresciuto in me il desiderio di unire idealmente non soltanto il ricordo delle gesta di mio padre, ma anche di tutti quelli che furono al suo fianco in guerra, dai suoi Comandanti, agli altri piloti, fino all’ultimo aviere. Così ho pensato alla Bandiera di guerra del 4° Stormo, decorata di Medaglia d’Oro e d’Argento, custodita nell’Ufficio del Comandante nella Base di Grosseto che simbolicamente rappresenta il retaggio del Duca Amedeo d’Aosta, di Francesco Baracca e del suo prestigioso emblema, il “Cavallino Rampante” e, soprattutto il valore di  tutti quei piloti che in pace e in guerra hanno servito la Patria in questo magnifico Reparto Caccia. Bernardo Monti. Sansepolcro 16 Gennaio 2010

Prefazione 
“ Tutti noi amiamo la vita. Per lo più fondiamo la nostra visione del mondo sulle cose che ci piacciono. Se però continuiamo a vivere avendo disatteso al nostro progetto esistenziale, siamo dei codardi”. Yamamoto Tsnunetomo Hagakure

Un diario di guerra, un pilota del 4° Stormo. Un figlio orgoglioso del proprio padre, uomo, combattente e pilota capace di analizzare e descrivere con sorprendente chiarezza la realtà della guerra, il combattimento aereo. Queste pagine consegnano alla storia fatti avvenuti lontano dalla Madre Patria, lontano nel tempo, ma quanto mai attuali per chi oggi può avere l’onore di appartenere al Quarto e di riconoscere nello spirito dei piloti e del personale di questo Reparto dell’Aeronautica Militare valori e sentimenti che, lontani dall’essere superati, animano e animeranno tutti gli appartenenti a questa grande famiglia per sempre. Io ho questo privilegio. Ho l’onore di poter constatare tutti i giorni, da quasi due anni, sulle facce, negli occhi, nelle parole e nel quotidiano operare dei nostri militari, il senso di attaccamento alle  tradizioni e alla storia che ha fatto di noi ciò che possiamo permetterci di essere oggi, grazie al sacrificio alla determinazione e alla volontà di “servire” senza condizioni di chi ci ha preceduti. Noi del Quarto abbiamo ereditato un importante bagaglio culturale fatto di esperienze, a volte tragiche, di uomini consapevoli che, come noi, ma in condizioni certamente più difficili, hanno operato con umiltà ed abnegazione fino all’estremo sacrificio. Rivolgo a Bernardo Monti il plauso per aver assicurato alla nostra memoria eventi e circostanze altrimenti destinate all’oblio. Ringrazio l’Associazione Culturale 4° Stormo di Gorizia per la meritoria opera di sostegno e divulgazione della nostra storia. Col. pil. Achille Cazzaniga. Comandate del 4° Stormo dal 2008  al 2010 
  
 

Figlio di pilota 
che ero figlio di un pilota lo capii presto: avevo cinque o sei anni, quando, un pomeriggio, circa alla metà degli anni ’50, il babbo mi portò all’aereo club di Arezzo per volare. Ricordo ancora quando mi prese per il bavero del cappotto per aiutarmi a salire nell’abitacolo del Piaggio 148 (ma sarà stato veramente il Piaggino, oppure un altro aereo?). Di quella breve esperienza ho pochi ricordi, ma molto nitidi, volammo sopra Siena di cui mi rimase impressa la vista della Piazza del Campo con la torre del Mangia. Non ci furono tragedie o pianti, mi sentivo molto sicuro e orgoglioso, non avevo paura: ero con mio padre. Solo dopo molti anni, capii che mio padre era stato “qualcuno” in Aeronautica e mi resi conto del rispetto e della considerazione che avevano per lui gli altri piloti ed i suoi subalterni con cui aveva condiviso tanti episodi di guerra. La parentesi aretina fu breve e, già terminata nel ’56, servì ad avviare la ricostruzione dell’Aero Club nell’immediato dopoguerra. Diversi piloti si formarono in quegli anni; due di loro, di Sansepolcro come mio padre, iniziarono a volare con lui, che li accompagnava ad Arezzo in Topolino: Gianluigi Melandri e Gianni Bartolomei. La motorizzazione dell’Italia non era ancora cominciata e percorrere i trenta chilometri sino ad Arezzo era allora una vera impresa. Gianluigi “Gigi” Melandri è stato quasi un secondo figlio “pilota” per mio padre. Tra loro due ci fu sempre un virile rapporto fatto di profonda stima reciproca, nato dalla condivisione degli stessi valori e principi di vita. Gigi, entrato in Aeronautica Militare, fu istruttore di volo sino al suo passaggio all’Alitalia, poi la sua carriera fu prematuramente stroncata nel 1975 da un banale incidente in decollo, proprio all’aeroporto di Arezzo e che lo costrinse alla carrozzella. Gigi, oggi non c’è più, prematuramente scomparso per le complicazioni dell’incidente, ma lo ricordo sempre con affetto fraterno.

Gorizia  e il monumento al Duca d’Aosta 
Verso la fine degli anni ‘50  l’attività dei “veci del Quarto”, lo Stormo (allora era “Aerobrigata”) intitolato a Amedeo di Savoia Duca d’Aosta, fu presa dal progetto del monumento a lui dedicato da realizzare nell’aeroporto di Merna. In quegli anni capitò più volte a casa mia Toni Pocar per definire i dettagli dell’impresa visto che lui allora era presidente dell’Aero Club goriziano. Pocar aveva preso parte con mio padre, al corso allievi Ufficiali piloti della  2^ ZAT a Parma nel 1933, ove entrambi avevano conseguito il brevetto di pilota militare. Scorrendo le foto degli allievi di quel corso si notano diversi piloti che poi si fecero onore al 4° Stormo: la M.O.V.M.  Fortunato Cesari caduto in A.O., Vittorio Pezzè, Aldo Lanfranco, Giuseppe Biron. Pocar, goriziano, era un tipo molto diretto, estroverso e gioviale che arrivava a Sansepolcro con la sua Alfa Romeo Giulietta bianca. A quel tempo mio padre era il Capo Calotta dei Vecchi piloti del 4° e la nostra casa era  divenuta un po’ il punto di riferimento per l’iniziativa del monumento al Duca d’Aosta. Per chi sappia poco delle usanze militari, la Calotta è l’insieme degli Ufficiali subalterni, meglio se scapoli, di una caserma e l’Ufficiale più anziano ne è il “Capo”. La Calotta organizza l’attività per così dire mondana dei “calottini”, consistente per lo più in cene e feste danzanti. Nel caso dei Vecchi del 4° il Capo Calotta era l’organizzatore designato dei loro periodici raduni tenuti o a Grosseto alla base dell’allora “4^ Aerobrigata” oppure, sul filo della nostalgia a Gorizia. Ad alcuni di questi ho partecipato appunto in qualità di “autista” del Capo Calotta conoscendo di persona moltissimi piloti dello Stormo. Ricordo anche quello del 1975  a Gorizia che fu veramente una “rimpatriata”: ospiti la sera prima dell’avvocato Devetag, cognato di Alvaro Bondi, insieme ad altri Veci, fummo letteralmente “mitragliati” dalle battute di Aldo Gon. Il giorno seguente il gen. Giuseppe D’Agostinis, di fronte al monumento al Duca pronunciò un discorso forte e ricco di sentimenti di amor patrio, richiamandosi alla memoria di quel luogo.Il realizzatore del monumento fu l’architetto Paolo Caccia Dominioni (1896-1992) che venne anche lui a farci visita nel 1960. Ricordo ancora nitidamente la sua aristocratica figura che ispirava rispetto ed ammirazione. Di lui e della sua vita di grande patriota è stato detto e scritto molto, ma qui voglio ricordare soprattutto la sua missione di recupero delle salme dei caduti della battaglia di El Alamein che condusse a guerra terminata e che si concluse solo con la definitiva sistemazione del sacrario di Quota 33 da lui progettato. Dal 1948 e per più di dieci anni Paolo Caccia Dominioni conte di Sillavengo (con questo appellativo narra in terza persona le sue memorie) condusse ben 241 missioni esplorative nei campi minati del deserto egiziano in mezzo ai relitti della battaglia coadiuvato dal fido Chiodini e da manovalanza araba. Percorse circa 360.000 km. di cui 100.000 in terreni minati, recuperò e ricompose più di 1500 salme di cui un migliaio circa di soldati italiani ignoti e tante appartenenti ai militari degli altri eserciti, tedeschi ed alleati che si erano affrontati nella gigantesca battaglia durata dal 23 ottobre al 3 novembre del 1942. Quando i reduci del 4° decisero di affidare a Caccia Dominioni il progetto e la realizzazione del monumento al Duca D’Aosta, fecero la migliore scelta possibile, per la statura morale di quel nobile soldato che al comando del 31° Guastatori aveva sostenuto il primo urto delle forze del Commonwealth e successivamente condotto la difficile ritirata nel deserto. Oggi nel sacrario di Quota 33 riposano 4800 soldati italiani dei circa 5900 caduti ad El Alamein, metà delle salme non hanno un nome e quelli che mancano alla mesta conta, sono per sempre dispersi tra le sabbie del deserto. In un capitolo del libro “ El Alamein 1933 – 1962 “  della Longanesi, un successo editoriale degli anni ’60, Caccia Dominioni onora i piloti del 4° che operarono sul quel fronte con base a Fuka. Le pagine raccontano del sacrificio della MOVM  cap. pilota Livio Ceccotti della 91^ Squadriglia che , attaccato in un combattimento da cinque P.40 (forse australiani del 3rd Squadron RAF ), viene abbattuto e vilmente mitragliato mentre inerme scende appeso al suo paracadute. Cadde così uno degli eroi di quello Stormo che in Africa ebbe pesanti perdite combattendo contro forze nemiche enormemente superiori. Al capitano pilota Livio Ceccotti originario di Poggio Terza Armata (frazione del comune di Sagrado), Gorizia ha dedicato una via che attraversa l’Isonzo nei pressi dell’aeroporto di Merna. Il monumento al Duca d’Aosta è collocato in mezzo ad un ampio piazzale nel lato est dell’aeroporto alla periferia sud di Gorizia (da quelli del 4° l’ho sempre sentito chiamare aeroporto di Merna,  questa piccola frazione è finita prima in Jugoslavia e ora in Slovenia). Dall’altra parte della statale 55, la strada del Vallone, è stato eretto un semplice lapidario di marmo sul quale sono riportati i nomi dei caduti del 1° e 4° Stormo. La figura del Duca si staglia netta nello spazio libero del campo, il suo volto guarda verso l’Africa, passando per il castello di Miramare dove risiedeva prima di trasferirsi in Etiopia e stringe sotto il braccio il casco di volo. Il monumento venne inaugurato il 4 Novembre 1962 con una cerimonia alla presenza del Presidente della Repubblica Antonio Segni e del Ministro della Difesa Giulio Andreotti. Di quei momenti ho il ricordo nitido dei Sabre F-86 della P.A.N. che passarono sull’aeroporto con una cabrata (causa il disgraziato confine) lasciando una scia nel cielo. Ho anche il ricordo indelebile e che ancora mi causa un groppo in gola, di mio padre che, in uniforme, si ferma su un ponte sul Piave (forse era quello di San Donà) scende dalla “Seicento”, si mette sull’attenti, con me e mia madre vicini e saluta militarmente. Probabilmente l’occasione era quella, perché mi ricordo bene la divisa, ma a distanza di tanti anni faccio un po’ di confusione. Di certo, mi ricordo che mi portò anche al Sacrario di Redipuglia, sicuramente in un’altra occasione (la divisa non c’era più) ma anche quella volta l’emozione fu tanta. Molto bello fu quello del “Cinquantenario” nel giugno 1981 a Grosseto, mio padre era purtroppo scomparso da un anno, vi partecipai insieme a mia madre, invitati da Paolo Berti. In quella occasione si esibì in volo il “205“ restaurato dalla Macchi emozionando chi lo aveva pilotato nell’ultima parte del conflitto. Personalmente ebbi l’onore di essere presentato ad un comandante del 4° dei tempi di Gorizia: Simone Pietro Mattei.

Il Duca d’Aosta 
Amedeo di Savoia terzo duca d’Aosta (1898-1942) fu viceré d’Etiopia, generale e comandante di Stormo, oggi è ricordato come eroe dell’Amba Alagi. Nasce a Torino da Emanuele Filiberto e da Elena di Borbone Orleans, studia da piccolo a Londra al St. Andrew College. Quindicenne è allievo del Collegio della Nunziatella di Napoli dove inizia la sua carriera militare.  A sedici anni è sul Carso soldato semplice volontario nel primo conflitto come servente di una batteria a cavallo delle Voloire. Dopo la guerra si reca con lo zio Luigi Amedeo, duca degli Abruzzi, in Somalia dove compie delle esplorazioni nella zona dello Uebi Scebeli e dove contribuisce alla costruzione di un tratto di ferrovia e del villaggio “Duca degli Abruzzi”. Studia poi in Inghilterra, a Eton ed Oxford, apprendendo perfettamente la lingua. Dopo un’esperienza di lavoro in Congo, forse dovuta ad una battuta sul re “sciaboletta”, rientra in Italia, nel 1926, consegue il brevetto di pilota militare. Si laurea in giurisprudenza presso l’Ateneo di Palermo, e nel 1927 sposa Anna d’Orleans e da lei avra’ due figlie, Margherita e Maria Cristina. Nel 1931, terminato il periodo in Libia, rientra in Italia, viene destinato al comando del 23° Reggimento Artiglieria da Campagna a Trieste e prende dimora nel Castello di Miramare. Alla morte del padre, 4 luglio 1931, eredita il titolo di “Duca d’Aosta” e nel maggio del 1932 il Re autorizza il suo passaggio nella Regia Aeronautica. L’11 maggio dello stesso anno, assume il comando del 21° Stormo da Ricognizione Terrestre con sede a Gorizia ed un anno dopo, il 1° maggio 1934, assume il comando del “4° Stormo Caccia”. Il Duca quotidianamente si reca dalla sua residenza di Miramare all’aeroporto “Egidio Grego” di Merna (Gorizia), lascera’ in tutti il ricordo di una grandissima umanità. Con l’esempio motivava piloti e specialisti nell’impegno quotidiano a migliorarsi. Il Duca, “primus inter pares” non si risparmiava e non accampava privilegi, pur essendo un principe di sangue reale. Mio padre ne aveva una vera e propria venerazione e spesso con amarezza confrontava la figura purissima di Amedeo d’Aosta con gli altri reali di casa Savoia che, con la “fuga” a Pescara dell’8 settembre, non dettero un grande esempio. Se è vero che i grandi comandanti fanno grandi i loro reparti, il contributo del Duca a fare del 4° il reparto d’elite della caccia italiana è stato determinante nel plasmarne la eccellente professionalità, il coraggio dei suoi piloti ed il senso cameratesco di appartenenza che tenne sempre unito lo Stormo anche nei momenti più difficili e disperati del conflitto. Anche le vicende che lo videro soccombere in Africa Orientale, dalla resistenza sul massiccio dell’Amba Alagi, la resa con l’onore delle armi (quanto sarà costato agli orgogliosi inglesi presentare le armi a dei valorosi soldati italiani?), la prigionia, fino alla malattia che lo condusse a morte, sopportata con dignità accanto alle sue truppe in un campo di concentramento in Kenia, furono sempre presenti nella mente degli uomini del 4° e costituiscono ancora addesso per tutti l’esempio a cui conformarsi.

Inizio di una carriera 
Nella mia famiglia, prima di mio padre, non ci sono mai state tradizioni militari e gesta guerresche che fossero degne di essere tramandate. L’unico di cui mia nonna paterna Olga talvolta mi parlava, era un suo bisavolo (o trisavolo?) che aveva combattuto nella campagna di Russia con Napoleone ed era tornato dalla battaglia della Beresina (novembre 1812) con un congelamento. In effetti un quadretto custodisce la Medaille de Sainte Hélène con la quale, nel 1857, Napoleone III volle ricompensare i reduci ancora viventi che avevano combattuto nelle campagne napoleoniche dal 1792 al 1815. Il brevetto n° 726 della Grande Chancellerie è intestato a Monsieur Monti (Joseph), Giuseppe, che pur avendo il cognome di mio nonno Bernardo, era un avo di mia nonna. I miei nonni Bernardo e Olga Mangoni erano infatti, molto alla lontana, parenti. Mio nonno, classe 1879, al tempo della prima Guerra Mondiale era ormai trentaseienne e non fu mobilitato e se lo fu (dopo Caporetto) di sicuro era troppo occupato con i suoi commerci e con la famiglia per accorrere al fronte. Mio padre Luigi nasce il 4 luglio 1911 a Sansepolcro ed è l’unico maschio di casa preceduto da Genny (1907) e Laura (1909), lo seguiranno poi altre due sorelle Fausta (1913) e Luisa (1917). I fratelli crescono in un ambiente borghese e agiato. Mio nonno è un facoltoso commerciante che ha clienti anche all’estero dove talvolta si reca, tratta soprattutto pelli, ma anche agnelli, bozzoli di bachi da seta, lana, bacche di ginepro, selvaggina, insomma tutti i prodotti dell’economia prevalentemente agricola della provincia toscana dei primi del Novecento. Mio nonno era anche latifondista avendo in proprietà ed in affitto numerosi poderi per lo più di montagna. Per questi motivi la nostra casa, un palazzo nel centro di Sansepolcro con granai, cantine e magazzini, era veramente un porto di mare, quotidianamente frequentata da agenti di commercio, fattori e sottofattori, contadini, operai e servitù. Probabilmente l’unico figlio maschio era destinato a continuare l’attività paterna, ma come molti italiani nati in quegli anni, il destino gli aveva riservato un bel po’ di anni di guerra. La giovinezza di mio padre è abbastanza scapestrata, non molta la voglia di studiare, di carattere facile ad infiammarsi, non ci mette molto a menare le mani se lo provocano. Mio nonno si stufa e lo manda in collegio al Tolomei di Siena. Crescendo si dà una calmata e a Firenze si matura  al Liceo Scientifico L. Da Vinci nel 1931 di Firenze ove mio nonno nel frattempo ha preso in affitto un appartamento in via de’ Neri e mio padre può studiare all’Università, si è iscritto infatti ad Ingegneria. Gli affari però non vanno più bene, colpa della “quota 90” decisa dal fascismo nei confronti della sterlina e della successiva crisi mondiale del ’29. Mio nonno è costretto a vendere una consistente parte del suo patrimonio per rientrare dalla stretta creditizia e, pur mantenendo molti dei suoi beni, non sarà più in grado di riavviare un commercio in grande stile. Del resto i tempi stanno cambiando e l’autarchia strangolerà presto gli scambi dell’Italia con l’estero.

A Campoformido 
E’ in questo contesto che mio padre decide di lasciare gli studi universitari per assolvere il servizio militare e chiede l’ammissione al corso Allievi Ufficiali dell’Aeronautica. Il 10 aprile 1933 è ammesso alla Scuola Aviazione Breda di Sesto S. Giovanni dove l’8 settembre 1933 è nominato pilota d’aeroplano su Ba. 25 bis. Dal 25 settembre del ’33 e fino al 19 ottobre dello stesso anno è a Grottaglie alla 2^ Squadriglia della Scuola di Osservazione Aerea dove al termine del corso ottiene il brevetto di pilota militare su A. 300/6. Il 4 gennaio 1934 inizia a Campoformido il servizio di prima nomina alla 81^ Squadriglia del 1° Stormo, la comanda il cap. Mino Moscatelli: sono undici mesi di attività di volo col C.R. 20 e poi col C.R. Asso. Il libretto di volo riporta una lunga serie di voli di pattuglia, acrobazia, tiro in volo e partenze su allarme per oltre 127 ore di addestramento. Intanto la situazione internazionale si deteriora, l’Italia pensa alla conquista dell’Etiopia che inizierà nell’ottobre del 1935. Mio padre, che è rientrato alla vita civile riscrivendosi alla facoltà di Economia e Commercio, viene mobilitato. Il 22 agosto del 1935 è ad Aviano alla 1^ Squadriglia della Scuola Caccia, ma proprio per le esigenze dell’Africa Orientale Italiana è trasferito a Ferrara alla 365^ Squadriglia da bombardamento dove resta sino a fine ottobre. Di sicuro sarà stato un periodo di sofferenza sopportato con stoicismo, perché certamente un pilota votato alla caccia non si sarà trovato a proprio agio ai comandi di un S. 81. Fatto sta che mio padre conserverà sempre una punta di ironia sui bombardieri, come poi testimonierà in Spagna e probabilmente il periodo ferrarese ne è stata la causa. Ma un santo protettore nelle vesti del Magg. Raoul Moore si ricorda di quel tenentino che al 1° Stormo aveva avuto la bella idea di farsi un voletto non autorizzato sul C.R. 30 e così mio padre torna alla caccia. Finalmente di nuovo al 4° Stormo, a Gorizia, alla 90^ Squadriglia comandata dal cap. Umberto Rovis, ma soprattutto dove i piloti volano sul nuovo C.R. 32 che equipaggia da novembre tutto lo Stormo. Di questo velivolo mio padre ha sempre parlato con entusiasmo, anteponendolo con ragione a tutti gli altri perché le sue caratteristiche acrobatiche vengono riconosciute unanimemente dai suoi piloti. Inoltre per quell’epoca, come dimostrato, almeno per il periodo iniziale, dall’impiego bellico in Spagna, era nettamente superiore agli altri caccia e, in seguito, solo il tedesco Me. 109 lo poteva surclassare, ma non in maneggevolezza. Probabilmente cio’ influì sulle scelte future della Regia Aeronautica, convinta della superiorita’ del biplano sul monoplano, sottovalutando l’importanza della potenza dei motori e l’armamento. E così da quel 25 novembre 1935 e per quasi dieci anni, mio padre resterà al 4° e alla Scuola Caccia comandata dal col. Ernesto Botto che gli affidera’ l’incarico di direttore dei corsi. Solo per  un breve periodo, dal maggio al novembre ’36,  è a Torino Mirafiori alla 367^ Sq. del 53° Stormo Caccia, trasferito insieme al personale ed il materiale della 90^ Squadriglia. Il 13 giugno 1936, a Mirafiori ha un incidente di volo durante un allenamento e si salva lanciandosi col paracadute senza riportare conseguenze.

La Guerra Civile Spagnola 
Quando mio padre sbarca a Siviglia quel Capodanno del 1937, la Spagna è preda della guerra civile ormai da quasi sei mesi. Il 17 luglio 1936, con “l’alzamiento” delle truppe di stanza nelle colonie in Marocco e comandate dal gen. Francisco Franco, ha inizio ufficialmente il conflitto. Il giorno seguente, la ribellione delle truppe nazionaliste si estende anche al territorio metropolitano. 
In realtà sono almeno cinque anni che la Spagna è insanguinata da una violenza strisciante, da quando cioè il sovrano Alfonso XIII ha abbandonato il suo Paese, perché sfiduciato dai partiti di sinistra a lui avversi e per la sconfitta dei candidati monarchici alle elezioni del 1931. La politica del governo repubblicano di Azana, che prefigura riforme di stampo nettamente marxista, scontenta però l’altra Spagna, tradizionalista, conservatrice e cattolica. Fu grazie all’appoggio delle forze cattoliche che le elezioni del 1933, videro la netta affermazione delle forze di destra. Il nuovo governo cancellò molte delle riforme del governo di sinistra ed in particolare quella agraria che era stata in precedenza osteggiata dai grandi latifondisti. Questa politica causò un’ondata di scioperi  nel paese e la violenta sollevazione dei minatori delle Asturie, che furono con altrettanta durezza represse dall’esercito. Dopo una serie di crisi governative si giunse alle elezioni del febbraio 1936 che videro la sconfitta delle destre e la vittoria del Fronte Popolare. La vittoria elettorale (contestata dalle destre) scatenò un periodo di violenze di piazza e vendette durante il quale militanti comunisti e anarchici si resero responsabili di uccisioni di religiosi cattolici. Ma la causa scatenante della guerra civile fu senza dubbio il rapimento e l’assassinio del leader della destra Josè Calvo Sotelo. Già ministro dell’industria nel periodo della monarchia, era stato eletto deputato ma nel contempo il governo Azana lo aveva esiliato. Rientrato grazie ad una amnistia, aveva condotto il fronte nazionalista  contro le sinistre nelle elezioni del 1936. La guerra civile spagnola fu dunque non solo un “golpe” militare ma anche rivolta popolare. Le forze nazionaliste riuscirono ad impadronirsi rapidamente delle principali città della Spagna come Siviglia, Cordoba, Jerez de la Frontera, Saragozza, Oviedo, ma Madrid e Barcellona restarono in mano repubblicana, con l’effetto di causare una lunga e sanguinosa guerra con un fronte spezzettato in varie zone del Paese. Franco si affrettò a chiedere aiuti a Germania e Italia, mentre i repubblicani fecero altrettanto con Francia e Unione Sovietica. Gli aiuti materiali che Mussolini fornì furono determinanti alla vittoria finale dei nazionalisti e il contributo in vite umane fu altrettanto importante. Dalla parte repubblicana vi fu un afflusso di volontari soprattutto francesi ma anche di antifascisti italiani che però incisero marginalmente sulle sorti militari delle operazioni, mentre quello che influì moltissimo fu l’aiuto dell’Unione Sovietica di Stalin che sostenne la Repubblica con il massiccio invio di carri armati ed aerei oltre che di piloti ben addestrati e combattivi. La Regia Aeronautica, fiore all’occhiello del regime fascista, non poteva che farla da protagonista nell’appoggio alla Spagna nazionalista e fin dai primi giorni di guerra fu decisiva. Il 30 luglio 1936 dodici bombardieri S. 81 privi di insegne per non rivelare l’appoggio italiano a Franco, decollarono da Cagliari Elmas per il Marocco al comando del col. Bonomi: tra i piloti anche Ettore Muti, sponsorizzato, si direbbe oggi, da Galeazzo Ciano, grande sostenitore dell’appoggio agli spagnoli. Ma la segretezza non ci fu: causa il vento contrario, un aereo scomparve in mare e due furono costretti ad atterrare in territorio algerino controllato dai francesi, rivelando subito l’appoggio fascista agli insorti nazionalisti. L’immediata attività degli aerei italiani consentì di trasferire nel continente in relativa sicurezza reparti del Tercio e “tabores” coloniali marocchini pronti a rinforzare gli insorti franchisti.

L’invio dei C.R. 32 in Spagna 
Il 14 agosto a Melilla, sbarcano i primi piloti della caccia insieme a dodici C.R. 32, essi compongono, insieme agli specialisti, il personale di un squadriglia posta al comando del cap. Vincenzo Dequal. I piloti provengono dai vari Stormi Caccia della Regia Aeronautica, tutti volontari e addestrati alle scuole caccia di Campoformido e Gorizia, vengono arruolati con nome fittizio nel “Tercio” la legione straniera spagnola e ricevono un grado superiore. Il primo gennaio 1937 mio padre sbarca in Spagna, il suo nuovo nome e’ “Oreste Macchia”, tenente. I piloti poco più che ventenni, sono militari di carriera forgiati secondo le spirito combattivo voluto dal fascismo e desiderano misurarsi in combattimento. Ma non sono solo queste le ragioni della loro adesione, gli ufficiali hanno una buona cultura, alcuni come mio padre hanno frequentato l’Università e la loro adesione al fascismo non è per niente ideologica o fanatica, ma sanno che andranno a combattere contro il marxismo e per la difesa della Spagna cattolica, ne sono consapevoli e lo fanno con entusiasmo. Anche mio padre, che pur proviene da una famiglia di tradizioni liberali e dove, come tuonava spesso mio nonno, “La politica non ha mai dato da mangiare a nessuno!” ha fatto la sua brava trafila di avanguardista, GUF  e tutto il resto, intravedendo nel fascismo quella spinta al rinnovamento ed alla modernizzazione di una nazione e di una società ancora abbastanza arretrate. Una dittatura però controllata dall’istituzione monarchica alla quale, in ultima analisi, i militari si sentivano vincolati per giuramento. Questi sono i sentimenti che animano lui e gli altri piloti quando sbarcano a Siviglia quel Capodanno del 1937.

Il diario 
E’ scritto su un quaderno a quadretti con la copertina nera lucida come quelli che, mi ricordo, giravano ancora quando ero alle elementari. La grafia minuta e ordinata con pochissime cancellature, è vergata con una stilografica blu. Il periodo riguarda i primi tre mesi del 1937 sino al primo aprile, poi si interrompe e probabilmente mio padre si è accontentato da allora del sintetico libretto di volo. Il periodo è interessante perché riguarda le operazioni sul fronte di Malaga e poi a marzo la sfortunata offensiva su Guadalajara. Lo riporto senza alcuna correzione rispetto all’originale, se non il riquadro nell’indicazione dell’azione, per mantenere intatto lo scritto, forse a volte “crudo” in qualche espressione e con scarsa punteggiatura, che esprime secondo me molto bene l’animo di un pilota che riporta le senzazioni, i fatti, gli avvenimenti del momento in cui li riporta sul suo diario.

Dal diario personale di Luigi Monti in Spagna 
1° Gennaio 1937 xv 
Sbarco a Siviglia dopo un ottimo viaggio in mare della durata di 4 giorni con partenza dalla Spezia. Quantunque le cabine sul piroscafo non fossero eccessivamente confortevoli tuttavia l’allegria e il buon umore non vennero mai meno, neppure quando i vecchi lupi di mare parlando di siluri, sommergibili e ammennicoli del genere pensarono spaventarci. Appena sbarcati noi ufficiali abbiamo preso alloggio all’Andalusia Palace albergo requisito e messo a disposizione degli Italiani e Tedeschi. Io alloggio in un appartamento insieme a Giovannino, De Micheli dorme nella camera della servitù. Nell’albergo ci sono molti grandi di Spagna che sono rientrati per non subire la confisca dei beni. Sono molto antipatici specie il ramo femminile. La prima impressione di Siviglia non è eccellente. Si ha l’impressione che sia una città sporca. L’architettura è quanto mai strana un miscuglio di molti stili sui quali prevale l’arabo.

2 Gennaio 1937 xv 
Visita alla città di Siviglia. Andiamo in carrozzella nel Barrio di S. Cruz. Strade strettissime case munite tutte di patio ingressi pulitissimi, piccoli giardini di aranci. I venditori si recano alle case portando la loro merce entro grandi ceste appese sulla groppa di muletti. Vedo circolare per la città donne di statura piccola ma con degli occhi incantevoli. Incontro anche donne bellissime. Viene proiettato un film e offerto un the in onore degli Italiani. Interveniamo noi e le tremila Camicie Nere che sono in città da otto giorni.

3 Gennaio 1937 xv 
Siamo in attesa del Sig. Generale Velardi che venga a darci ordini. Ci diamo a fare acquisti tanto per impiegare in qualche modo le pesetas che non sappiamo come portare in Patria.

4 Gennaio 1937 xv 
Al campo visito l’officina impiantata dai tedeschi per riparare i loro apparecchi, ne apprezzo l’importanza dai lavori che stanno eseguendo. Mi avvicino ad un caccia per esaminarlo ma vengo allontanato da una sentinella. Noto le differenze di organizzazione tra la nostra e l’alemanna, quest’ultimi infatti sono organizzati con mezzi e materiali proprio fin nei minimi particolari e si presentano soprattutto pronti alla conquista del mercato economico. Vado a trovare il sottotenente Ferrari che è all’ospedale ferito ad una spalla in combattimento, sono con me Giovannino e Larsimont.

5 Gennaio 1937 xv 
Dal generale nostro comandante abbiamo appreso che partiremo il giorno 6 per il fronte di Madrid. Non occorrono presentazioni perché siamo tutti vecchie conoscenze. Prima di partire ci tiene un discorsetto che a differenza di quello del colonnello ci tira su il morale, sempre altissimo però! Partiremo tutti noi di Mirafiori (solo i piloti) più il tenente Mezzetti capitanati dal comandante Francois. La partenza viene fissata per le ore 8. La destinazione è il campo di Torrijos a pochi km da Madrid.

6 Gennaio 1937 xv 
Partiamo armati fino ai denti dato che la strada in molti punti passa molto vicino ai rossi. Quasi subito ci accorgiamo che i “Requetè” che dovrebbero condurci a destinazione non sono all’altezza del loro compito ci prendiamo quindi la guida delle due Balilla e delle due 618. Dobbiamo allungare per Caceres per non finire in mano ai rossi. Ho modo di conoscere così buona parte della Spagna. Nelle zone attraversate debbo riconoscere che l’agricoltura non è in buon uso, la popolazione è molto scarsa e i paesi che incontriamo hanno costruzioni edilizie mediocri, sono però tutti provvisti de la plaza de los toros. Arriviamo a destinazione solo alle 21 accolti con gran giubilo da tutti quanti che sono vecchie conoscenze di Campoformido e Gorizia.

7 Gennaio 1937 xv 
Luogo eOra part. Luogo eOra arrivo Quota Tempo di volo Scopo del volo 
Torrijos 3711.00 Torrijos 3711.50 1500 50 Crociera per Toledo Getafe  Escalona 
Torrijos 3713.30 Torrijos 3715.30 3500 120 Vigilanza sul campo 
Volo in vista della Capitale spagnola prendo visione dei confini del fronte. 
La formazione che si assume è quella di ala destra, a mio parere non è buona specie se è fatta da 6 apparecchi per squadriglia. L’aviazione avversaria da diverso tempo non svolge più attività in grande si limita a qualche scorreria di apparecchi isolati da bombardamento che finiscono generalmente per scaricare le bombe fuori dall’obiettivo o per paura di qualche Fiat da caccia avvistato o per non avere la posizione esatta dei campi generalmente irriconoscibili specie se in quota. Alla sera vado a Toledo ed ho modo di vedere i resti delle barbarie rosse.

8 Gennaio 1937 xv 
Torrijos 3714.05 Torrijos 3715.45 3000 100 Scorta Junkers e Ro 37 su Fuencarral 
E’ questa la mia prima azione di guerra essa è priva assolutamente di emozioni poiché nessun avversario si leva a contrastare l’azione dei due bombardieri e dei 5 Romeo da ricognizione. Come avevo previsto debbo costatare che la formazione in ala è troppo pesante e non dà ai gregari la possibilità di guardare bene in giro per scoprire gli avversari. Vado a Talavera de la Reina e trovo i vecchi compagni dell’aeroporto di Gorizia.

9 Gennaio 1937 xv 
Torrijos 3715.00 Torrijos 3716.20 3000  80 Crociera protezione truppa sul fronte di Madrid 
Anche in questa azione non ho avuto il piacere di vedere apparecchi rossi nemmeno per poter osservare come sono fatti quantunque mi siano stati descritti fin nei minimi particolari. Alla sera mi reco a Toledo per fare acquisti.

10 Gennaio 1937 xv 
Torrijos 3707.00 Torrijos 3709.00 3500 120 Crociera vigilanza sul campo 
Oggi domenica c’è riposo, non si fanno azioni. Si raddoppierà la vigilanza sul campo.

12 Gennaio 1937 xv 
Sono lievemente febbricitante a causa d’una foruncolosi acuta. Continua l’inattività a causa del tempo.

13 Gennaio 1937 xv 
I medico che mi cura, uno spagnolo mi fa veramente pena. Niente azioni di guerra per il tempo cattivo.

14 Gennaio 1937 xv 
Interviene sui miei foruncoli un altro dottore un “Requetè” che avevamo portato da Siviglia, ci sa fare un po’ di più me ne taglia uno. Il tempo continua nebbioso.

15 Gennaio 1937 xv 
Arriva il Sig. Generale in visita al fronte. Continua l’inattività a causa delle condizioni atmosferiche.

16 Gennaio 1937 xv 
Vengo a sapere che ci sposteremo sul fronte Sud per costituire un nuovo Gruppo al comando del Sig. col. Canaveri.

17 Gennaio xv 
Alla vigilia della partenza mi incidono l’ultimo foruncolo. Prevedo un pessimo viaggio date le mie condizioni di salute. Nondimeno è molto meglio la comitiva del Sud che quella del Nord il cap. Francois ha saputo prendersi quegli elementi di sicuro rendimento.

18 Gennaio 1937 xv 
Parto febbricitante e arrivo alquanto malaticcio. Vado a farmi medicare all’ospedale della Croce Rossa e mi metto a letto. Con tutta probabilità l’origine di questi foruncoli è dovuta al cibo che non è proprio adatto per i nostri intestini.

19 Gennaio 1937 xv deq352f, bas007, bas015 
Nell’albergo c’è più o meno la medesima gente che ho lasciato quando sono andato sul fronte di Madrid. Quelle quattro stronze di profughe piene di arie e vuote di cervello sono ancora monopolio del ten. Baduel e Magg. Nuvoli che continuano a fare i pomicioni in grande stile a detrimento talvolta del compito che è stato loro affidato. Il cap. Venanzi altro bel tipo da rimpatrio accelerato ha alquanto abbassato la cresta all’arrivo del Sig. generale Velardi. C’è molta gente da rimpatriare urgentemente poiché non servono a niente ed hanno per giunta tutto l’aspetto di vittime ce ne sono di quelli poi che non hanno proprio nessun compito precisato a giudicare almeno da quanto fanno.

20 Gennaio 1937 xv 
La mia foruncolosi va migliorando e così spero di riprendere presto i voli. Sono state sorteggiate le squadriglie ed io sono stato assegnato a quella comandata dal cap. Dequal. Lasceremo presto Siviglia per andare in un campetto tutto per noi.

24 Gennaio 1937 xv 
Oggi è domenica piove a dirotto siamo rimasti tutto il giorno nella casa che il mecenate ha messo a nostra disposizione.

25 Gennaio 1937 xv 
Continua il maltempo che aumenta d’intensità. La strada per Siviglia è in uno stato pietoso.

26 Gennaio 1937 xv 
Sempre come prima. Nella villa si è allegri e si preparano strofette per domani dato che saremo ospiti a pranzo.

27 Gennaio 1937 xv 
Il tempo peggiora ancora l’ufficio presagi comunica che sta per soffiare un vento di 200 km. Ora, con il Sig. Generale incazzatissimo ci rechiamo sul campo ad ormeggiare gli apparecchi, una sgobbata sotto il vento e l’acqua a suon di moccoli si rientra in villa  bagnati come pulcini dopo le due. Il generale Rossi nostro ospite attende impaziente l’ora del pranzo. Finalmente possiamo metterci a tavola il pranzo è racchietto in compenso attacchiamo le strofette e canti vari che rimettono il buonumore il generale canta con noi visibilmente compiaciuto del nostro spirito.

28 Gennaio 1937 xv 
Campo Fiat10.15 Tablada10.20 5 500 Trasferimento 
Tablada12.20 Tablada13.35 75 4000 Vigilanza su Tablada 
E’ giunto l’ordine di rientrare a Siviglia quantunque il maltempo non abbia danneggiato affatto i nostri apparecchi mentre ha spostato e danneggiato 4 S. 81. Faccio una crociera sul campo e così mi vedo un po’ la città e l’aspetto del terreno vicino.

29 Gennaio 1937 xv 
Tablada09.00 Tablada11.15 135 2500 Crociera di protezione sul fronte di Antequera 
Parto con Radaelli e Avvico gregari individuo la truppa a riposo su Lucena incrocio sopra per il tempo ordinatomi. Al ritorno andiamo incontro al maltempo sono senza bussola e la carta è insufficiente sono a 100 metri da terra riesco ad attaccarmi a una via asfaltata e a rientrare a Siviglia senza benzina. Il comandante Dequal era già preoccupato tanto più che ben sei apparecchi dei nove che erano andati a scortare gli S. 81 a Virgen de la Cabeza non sono rientrati. La sera dalla radio rossa di Madrid apprendiamo che un apparecchio col pilota deceduto è a Virgen de la Cabeza due sono prigionieri e hanno atterrato bene a Sud est  di Don Benito un altro apparecchio è ancora più a Est. I piloti sono il s.ten Cenni col serg.m. Trombotto e Grimoldi e il s.ten Pesce col serg.m. Bandini e serg. (Mario) Bernocchi (nome di copertura: Edoardo Semprebene). Di due piloti non si hanno notizie.

30 Gennaio 1937 xv 
Il maltempo ci impedisce di volare. Dei piloti scomparsi non si hanno altre notizie. Il gen. Rossi con gesto molto simpatico si è offerto di persona e con mille uomini per fare una avanzata decisa e liberare gli eventuali prigionieri.

31Gennaio 1937 xv 
Non si vola. Si apprende che gli altri piloti sono tutti prigionieri poiché la sorte di essi è quanto mai oscura penso con dolore  che ben sei famiglie sono in lutto per l’incapacità dei nostri bombardieri. Il responsabile di quella disgraziatissima spedizione effettuata con esito militare negativo è il ten.col. Raffaelli del 9° Stormo da Bombardamento.

1 Febbraio 1937 xv 
Tablada11.30 Tablada13.40 130 1000 Crociera protezione fronte di Antequera 
Continuo con queste protezioni inutili per le condizioni del tempo quanto mai avverse per improvvisate aeree del nemico.

2 Febbraio 1937 xv 
Tablada14.45 Tablada16.15 90 3000 Crociera di protezione sul fronte di Ronda 
Questa volta sono gregario di Mantelli insieme al serg.m. Berretta la giornata è magnifica, scortiamo tre Breguet da dove ci troviamo possiamo vedere in lontananza benissimo Malaga. Dato le pessime carte che abbiamo cerco di imprimermi meglio che sia possibile la conformazione del terreno.

3 Febbraio 1937 xv 
Tablada10.50 Tablada12.30 100 3000 Crociera di protezione sul fronte di Ronda 
Tablada16.00 Tablada16.30 30 500 Decollo sul Ro 41 
Questa volta ho come miei gregari il s.ten Aurili e il serg.m. Drigani, la colonna di Spagnoli è allo stesso punto di ieri, i Breguet continuano a mollare una bomba alla volta e a non colpire il bersaglio. Aurili mi fa arrabbiare perché tiene una posizione sbagliata. Al pomeriggio decollo sul Ro 41 che trovo quanto mai inservibile in guerra, mi domando che cosa l’hanno mandato a fare in Spagna e ne deduco cause e ragioni quanto mai personali che preferisco tacere.

4 Febbraio 1937 xv 
Tablada15.40 Granada16.35 55 1000 Siviglia – Granada 
Il tempo solo al pomeriggio ci permette la partenza. A Granada ci sono gli altri piloti del gruppo Signorelli (nome di copertura del t.col. Alberto Canaveri) noi siamo gli ultimi arrivati. Alloggiamo all’albergo Alameda. La popolazione di questa piccola città, sita in una grande conca a 700 m.s.m. ai piedi della Sierra Nevada, è quanto mai cordiale e nutre una viva simpatia per noi piloti italiani. L’impressione che ne riporto è quanto mai buona.

5 Febbraio 1937 xv 
Granada09.50 Granada10.40 50 3000 Partenza su allarme 
Granada12.10 Granada12.35 25 1500 1500      Partenza per crociera ed atterraggio per contrordine 
Granada14.55 Granada15.45 50 3000 Scorta Savoia su Colmenar 
Da uno squarcio di sereno lontanissimi vediamo degli apparecchi si parte in gran premura fatta quota in direzione ne vedo in lontananza sul mare verso Velez-Malaga sono tre apparecchi grossi in formazione a cuneo e alla loro sinistra cinque più piccoli in ala destra. Ritengo trattarsi di Martin oppure Potez e cinque Curtiss. Ad ogni modo visto che non possono passare tornano indietro. Al pomeriggio parto in ritardo e non riesco a trovare gli altri per fare la scorta così torno indietro insieme al serg.m. Avvico che era partito con me.

6 Febbraio 1937 xv 
Granada16.25 Granada17.35 70 3500 Scorta Ro 37 e crociera di protezione sul fronte di Alhama e Colmenar 
Si continua a fare crociere di protezione durante l’avanzata delle nostre camicie nere lungo la strada che da Antequera Loja e Alhama conducono a Malaga. Il cap. Colacicchi effettua un bombardamento e mitragliamento a bassa quota. Nell’avanzata delle nostre colonne oltre le nostre crociere di scorta e di protezione di truppa il bombardamento in una azione su Colmenar ha sbagliato paese e quello bombardato non è stato colpito. I Ro 37 hanno erroneamente bombardato Alhama facendo vittime si dice solo spagnoli, il gregario di questo ufficiale non ha sganciato le bombe essendosi accorto di non essere sul bersaglio.

7 Febbraio 1937 xv 
Granada14.15 Granada16.30 135 3500 Crociera di protezione sul fronte di Malaga 
La nostra truppa è alle porte di Malaga. I Ro 37 ne combinano una seconda bombardano erroneamente i nostri che sono già molto avanti facendo vittime. In tre giorni le nostre colonne sono giunte a Malaga la città dall’alto appare deserta le colonne di camion si snodano rapidamente sulle strade in discesa che conducono alla città i nostri bravi soldati sono preceduti dai carri armati leggeri che spazzano ogni resistenza rossa.

8 Febbraio 1937 xv 
Approfittiamo dell’entrata delle truppe in Malaga per fare un giorno di riposo. Quattro ore di crociera al giorno a 4000 metri affaticano alquanto. La popolazione di Granada ci fa una dimostrazione calorosissima di affetto e di simpatia, si grida viva il Duce l’Italia gli aviatori italiani. Andiamo a visitare l’Alhambra magnifico monumento di arte araba.

9 Febbraio 1937 xv 
Granada08.00 Granada10.00 120 4000 Crociera di protezione sul fronte di Velez-Malaga 
Granada15.50 Granada17.45 115 4000 Crociera di protezione sul fronte di Velez-Malaga 
Le nostre colonne riprendono l’avanzata lungo la strada costiera. Gli S. 81 che dovevano bombardare la strada hanno sbagliato come al solito il bersaglio per buona fortuna dei nostri soldati che erano avanzati fino a quel punto. L’aviazione rossa durante tutte le operazioni della presa di Malaga ha ritenuto meglio non farsi vedere.

10 Febbraio 1937 xv 
Andiamo con 4 “coche” a Malaga. A Loja incontriamo un camion di prigionieri rossi. Sono buffissimi a vederli salutare romanamente tutta questa popolazione che ha salutato sempre col pugno chiuso. Malaga è devastata i negozi intatti sono quelli dei rossi le facce in circolazione non sono per niente rassicuranti all’aeroporto trovo dei manifestini dei rossi. Vari cadaveri giacciono per le strade sono i primi rossi “limpiati” le macchine fotografiche non fanno che lavorare accanitamente, si sembra tanti giornalisti.

11 Febbraio 1937 xv 
Granada07.50 Granada09.10 80 3500 Crociera di protezione fronte di Motril.Combattimento con 2 Potez e 5 Curtiss. Abbattuto un Potez 
Granada11.50 Granada14.00 130 4500 Crociera di protezione fronte di Motril. Inseguimento e fuga di due Martin 
Giornata densa di avvenimenti. La sveglia ci viene suonata da due Martin Bomber che hanno bombardato il campo una bomba è caduta nel mezzo non si lamentano però danni né al materiale né alle persone. Si va in volo Mantelli con due gregari io dietro con un altro di rinforzo. Si gira sul fronte ad un certo momento il mio gregario va verso il campo poiché il motore va male io mi aggrego alla prima pattuglia. Ad un tratto mentre stiamo girando Mantelli batte le ali e punta al largo sul mare facendo quota io da ultimo gregario di destra passo vicino a Mantelli e gli chiedo che cosa ha visto lui mi risponde che si tratta di due apparecchi ma che non sa se sono Martin o Potez e che ritornano indietro perché ci hanno veduti. Puntiamo su Malaga intanto io provo le armi solo le alari perché sui nastri di quelle in fusoliera ci sono ancora le pallottole esplosive, magnifica invenzione dei nostri capi per mandarci in mano ai rossi, infatti l’80% di questi proiettili che sarebbero utilissimi scoppiano appena fuori dalla canna spaccando tutto quello che incontrano. Io gli apparecchi non li ho ancora veduti ad un tratto Mantelli gira rapidamente e si tuffa io seguo a ruota aspettando di vedere qualcosa ad un tratto piega a sinistra io faccio altrettanto e proprio in quel momento vedo sbucare davanti al muso del mio Fiat, bellissimo, per grandezza e per la vivacità di quei due dischi rossi dipinti sulle ali, un Potez da bombardamento. L’effetto è stato tale che ho iniziato a sparare un attimo prima di Mantelli i miei colpi, le traccianti me lo dicono, vanno a finire sull’estremità dell’ala destra ed alcuni anche fuori poiché il pilota ha piazzato un magnifico virage a 90°. Alla seconda puntata sono molto più esatto e sparo più da vicino anche i colpi di Mantelli vanno a segno alla terza puntata mi sono trovato solo, non vedevo altro che il mio apparecchio e quello dell’avversario che virato di quasi 180° aveva cercato scampo gettandosi verso il mare. Vana speranza la sua perché io non intendevo assolutamente mollarlo neppure per un istante. Calmata la foga dei primi momenti ho continuato a fargli puntate addosso regolando all’ultimo della puntata la mia velocità con la sua e sparando osservavo come le pallottole almeno le traccianti andassero tutte bene a segno. Per mia buona fortuna che sparavo da 200 metri a zero cioè fin proprio alla coda perché altrimenti con quelle genialissime armi alari non gli avrei fatto neppure il solletico dato le fortissime  vibrazioni che sollecitavano le canne. L’avversario continuava con mia grande meraviglia ad incassare pallottole ad un tratto ha avuto un movimento brusco che mi ha fatto sperare di vederlo precipitare ma si è rimesso. Io ho continuato a sparare finchè ho avuto colpi verso la fine della mia sparatoria i due motori  hanno cominciato a lasciare due strisce di fumo nero. Abbandonato l’avversario alla sua sorte mi sono accorto di essermi internato moltissimo in territorio rosso e di essere rimasto solo, l’acqua del motore era andata a finire a 110° allora mi sono appoggiato verso la terra facendo quota proprio in quel momento più alti sparpagliati davanti a sinistra cinque apparecchi in distanza mi sembrano Ro 37 poi li osservo meglio sono piccoli tozzi mobilissimi il capo sta sbattendo le ali uno mi passa di traverso sulla fusoliera sta dipinto un grandissimo disco rosso, ogni dubbio è scomparso sono cinque Curtiss dal loro sparpagliamento capisco che hanno avuto combattimento ma con chi? intorno non c’è nessuno mi trovo in territorio rosso sono io solo e loro cinque col coraggio della disperazione penso di vendere a caro prezzo la pellaccia se attaccato, provo a sparare con le armi in fusoliera fregandomi delle esplosive le armi non sparano riarmo rapidamente e quelle continuano a non sparare, allora passo la tana e faccio quota spiando le mosse dei cinque avversari per mia buona fortuna quelli hanno continuato a planare dritti nel loro territorio e io tirai un profondo e sentito sospiro. Al campo tutti erano intorno al primo atterrato al mio giungere tutti mi sono intorno interrogando io invece continuavo a bestemmiare contro gli armieri e contro l’inventore del quadriarmi. Per primo aveva atterrato il serg.m. Drigani che aveva abbattuto l’altro Potez poi io che ho raccontato come sopra in seguito il serg. Cova che aveva veduto un Fiat inseguito da 3 Curtiss e poi due erano saltati addosso a lui così era rientrato di Mantelli nessuna notizia e non rientrava. Esaurita l’autonomia dell’apparecchio cominciano le preoccupazioni consiglio al Sig. Colonnello di chiedere informazioni alle navi che debbono necessariamente aver seguito le evoluzioni del combattimento. Verso mezzogiorno apprendiamo infatti che un Fiat ha capottato sulla spiaggia a sud di Motril in territorio che fin dal giorno prima era dato per nostro. Faccio intanto una seconda crociera durante la quale avvistiamo col cap. Limonesi due Martin Bomber che inseguiamo e mettiamo in fuga evitando così il bombardamento o di Malaga o di Velez-Malaga raggiungerli è impossibile poiché sono più veloci di noi. Alla sera il Sig. Colonnello Canaveri è venuto a felicitarsi con me essendo stato visto cadere l’apparecchio da me seguito e mitragliato a 12 km. da Almeria in mare. Ottenevo così al primo combattimento la prima vittoria mentre Mantelli ne contava 12. Mantelli incolume era con i nostri soldati. Si avevano poi altre notizie interessanti, il pilota morto a Virgen de la Cabeza è Luigi Grimoldi (nome  di copertura: Luigi Coppa)  di Trombotto fatto prigioniero non si sa nulla mentre gli altri e cioè Cenni Pesce Bandini Bernocchi stanno bene ma non si hanno notizie più dettagliate.

12 Febbraio 1937 xv 
Granada13.55 Granada15.55 120 400 Crociera di protezione sul fronte di Motril 
Durante questa  crociera non avviene nulla  di notevole, gli avversari particolarmente i cacciatori debbono essere ben soddisfatti d’essersi fatti abbattere i due bombardieri che scortavano. Alla sera rientra Mantelli il quale ci narra le sue peripezie. Uscito infatti illeso dalla capottata si era trovato in una zona piantata a canne da zucchero infestata dai rossi, due di questi gli si erano avvicinati chiedendogli se fosse aviatore russo e salutandolo alla sua affermazione col pugno chiuso. Dopo molte peripezie era riuscito a raggiungere la nostra colonna che si trovava sulla strada di Motril. “Muchos ojos!” Gli avevano raccomandato i rossi nell’indicargli la strada per sfuggire agli italiani ed il Mantelli ne aveva fatto grato tesoro!

13 Febbraio 1937 xv 
Granada07.45 Granada09.45 120 400 Crociera di protezione al fronte di Motril 
Granada11.40 Granada13.50 130 5000 Vigilanza sul campo 
Continua la snervante vigilanza senza incontrare nessun avversario.

14 Febbraio 1937 xv 
Granada13.20 Granada15.20 120 5000 Crociera di protezione sul fronte di Motril 
Sul nostro fronte continua a non esserci niente d’interessante. Alla sera ci giunge notizia di un combattimento avvenuto sul fronte di Madrid il cap. Lodi è morto in combattimento, mancano notizie più dettagliate.

15 Febbraio 1937 xv 
Granada10.05 Granada12.05 120 5000 Crociera di protezione sul fronte di Motril 
Granada15.00 Granada17.00 120 5000 Crociera di protezione sul fronte di Motril 
Continuano le crociere senza trovare un avversario sappiamo che sono in Almeria ma non vengono più nelle nostre linee.

16 Febbraio 1937 xv 
Granada10.15 Granada12.15 120 4500 Crociera di protezione sul fronte di Motril 
Nel pomeriggio tutta la squadriglia parte in volo per rientrare a Siviglia dove finalmente i “quadriarmi” diventeranno “biarmi”. Io rimango in attesa che sia efficiente un apparecchio al quale cambiano il motore. Debbo faticare molto prima di mettere in marcia l’autocolonna col materiale e gli specialisti.

17 Febbraio 1937 xv 
Granada16.45 Sevilla17.30 45 2000 Granada  – Siviglia 
Con molto lavoro riesco a far partire al mattino tutto il personale specializzato che rimane. Alla “Comandancia Militar” un capitano si meraviglia di tanta urgenza e non comprende che noi italiani non possiamo andare con la loro calma e apatia. Nel pomeriggio anche il mio apparecchio è pronto l’ultimo camion è caricato parto e subito dopo di me i miei ultimi specializzati prendono la via del ritorno. Si chiudono così le nostre operazioni sul fronte Sud. A Siviglia trovo la solita abituale baraonda, con grandissima difficoltà riesco a trovare una camera, ci sono i soliti sfaccendati piloti imboscati e caporioni dei servizi sempre pronti a giurare che sono stanchi di non combattere e che si faranno mandare magari in fanteria?! Tutta gente pronta a chiedere il rimpatrio qualora venisse fatta sloggiare dai soffici tappeti dell’Andalucia Palace. Farabutti imboscati dei servizi, che continuano a non funzionare, gente ignobile che si annusa lontano un miglio disposti a favorirsi ad personam un’auto che potrebbe maggiormente servire a dei piloti. Questo è l’esercito che ci guarda le spalle!

18 Febbraio 1937 xv 
Si lavora febbrilmente al campo per trasformare gli apparecchi.

19 Febbraio xv 
Come il giorno precedente. Approfittando di Berretta che rimpatria metto mano ad una lettera per il magg. Moore.

20 Febbraio 1937 xv 
La temperatura di Siviglia in questo periodo è addirittura estiva al campo i nostri specialisti lavorano a torso nudo. I superiori Comandi premono perché si faccia al più presto il trasferimento da Siviglia a Soria nel fronte Nord ove ci saranno le prossime operazioni. Avviene intanto un altro piccolo rimpasto al personale sia pilota che specializzato il cap. Viola andrà infatti a comandare la II Squadriglia a Torrijos e il personale della 6^ viene suddiviso fra il cap. Martori e il cap. Limonesi.

21 Febbraio 1937 xv 
La lettera per il magg. Moore è terminata e consegnata al latore. Alla sera apprendo che il mio trasferimento avverrà a mezzo auto perché dovrò organizzare la partenza dell’autocolonna. Ho modo ogni giorno di più di controllare quanto marcio esiste nel reparto degli imboscati. I nostri bombardieri dopo i recenti trionfi di precisione ostentano una certa superiorità.

22 Febbraio 1937 xv 
Organizzo il personale specializzato rimasto per partire con l’autocolonna che è stata messa a disposizione. Si vogliono fare le cose in perfetto ordine e si fa invece una grande confusione.

23 Febbraio 1937 xv 
Parto finalmente anch’io in Balilla col magg. Casetti (Casero). Abbiamo con noi anche il “Requetè” autista del Colonnello che ci dà larga prova della sua cretinaggine lungo il viaggio. Pranziamo a Madrid e alla sera dormiamo a Salamanca. A Salamanca ammiro una bella piazza quadrata e antichi palazzi. Ci sono moltissimi aviatori tedeschi in albergo poiché Salamanca è il quartiere generale degli Junkers.

24 Febbraio 1937 xv 
Lasciata Salamanca ci dirigiamo alla volta di Soria. A Valladolid ho modo di ammirare un bel monumento a Cristoforo Colombo la città ha un aspetto ben differente da tutte le altre sembra una cittadina industriale dell’Europa centrale. Gran parte di questo viaggio si svolge come il giorno innanzi fra sterminati altipiani leggermente ondulati di colore rosso cupo rara la vegetazione. A Soria apprendiamo che la squadriglia del cap. Francois è già ad Almazan. La mia squadriglia si tratterrà invece ancora qualche giorno perché mancano gli alloggi.

25 Febbraio 1937 xv 
Soria15.15 Soria16.15 60 4000 Vigilanza sul campo 
Il campo di Soria è naturale e di dimensioni smisurate al pomeriggio approfittando di un po’ di tempo buono mi faccio un voletto guardo un po’ la zona. A Soria l’ambiente è affatto simpatico siamo in troppi e poi dove c’è il bombardamento non mi ci sento bene. Tutti attendiamo con ansia di poter partire.

26 Febbraio 1937 xv 
Soria10.40 Soria12.10 90 4000 Vigilanza sul campo 
Il tempo è sempre variabile tira molto vento piove e si rasserena si attende sempre il trasferimento.

27 Febbraio 1937 xv 
Soria10.45 Almazan10.55 10 1500 Trasferimento Soria – Almazan 
Si parte con un vento terribile ad Almazan si è costretti ad atterrare col vento di fianco. Steffan in atterraggio capotta. Il tempo non promette niente di buono.

28 Febbraio 1937 xv 
Sono alloggiato con Aurili in casa di un dottore di Almazan di nome Agreda. Sono molto gentili ma la stanza è piuttosto fredda. Il tempo peggiora sempre.

1 Marzo 1937 xv 
Si comincia a notare un certo intralcio nell’organizzazione logistica del personale i nostri autisti non sono in grado di tenere efficienti gli automezzi per incapacità professionale.

2 Marzo 1937 xv 
Si sta lavorando per organizzare la mensa al campo per tutti gli specializzati e sottufficiali si montano delle tende ma il tempo è sempre pessimo.

3 Marzo 1937 xv 
Il tempo peggiora sempre nevica fa un freddo terribile.

4 Marzo 1937 xv 
Continua come sopra si va a caccia per far giungere la sera.

5 Marzo 1937 xv 
Almazan10.10 Almazan10.30 20 1500 Partenza su allarme 
Passa sul campo un apparecchio che non si capisce bene di chi si tratti parto in volo e lo raggiungo è una avionetta nostra.

6 Marzo 1937 xv 
Altro giorno di maltempo il campo è reso impraticabile

7 Marzo 1937 xv 
Almazan14.10 Almazan15.40 90 400 Scorta S. 81 zona Cifuentes 
Al mattino Mantelli prova il campo e al pomeriggio partendo uno per volta si va a fare questa scorta. I bombardieri girano due volte sopra l’obiettivo e infine poiché ci sono nubi bombardano Mirabueno che regolarmente non colpiscono, durante il tragitto sono arrabbiatissimo prima perché hanno ordinato formazione in ala in secondo luogo perché il bombardamento gira e rigira a destra e a manca prima di decidersi a mollare le bombe. Mi convinco sempre più che la formazione in ala non è adatta per girare sul fronte.

8 Marzo 1937 xv 
Il tempo c’impedisce nuovamente di volare proprio quando le nostre truppe iniziano l’avanzata. Il fronte viene subito sfondato e alla sera i nostri soldati sulla via di Guadalajara raggiungono Almadrones. La colonna spagnola sulla strada vicina occupa Jadraque.

9 Marzo 1937 xv 
Il nostro campo di Almarail è impantanato e non si può svolgere nessuna attività. A terra continua l’avanzata sotto un tempo infernale e viene occupata Montanares. I rossi sono già in fuga precipitosa ma il tempo prova duramente anche la nostra truppa.

10 Marzo 1937 xv 
Il tempo continua ad impedirci ogni attività. E’ veramente tragico perché mentre noi non riusciamo a partire sul fronte il tempo è migliorato. La truppa ha raggiunto Brihuega e la strada che la congiunge direttamente con la strada principale dell’avanzata. Trijueque viene occupata nonostante si siano svolti combattimenti all’arma bianca sotto una tempesta di neve e di grandine.

11 marzo 1937 xv 
Si inizia il trasporto degli apparecchi dal campo su di una specie di pista onde poter partire. I superiori comandi ci avevano dato perfino l’ordine di smontare gli apparecchi è facile immaginare cosa avrebbe causato l’esecuzione di quest’ordine sbagliato. L’aviazione rossa accortasi della mancanza assoluta dei nostri caccia  scorrazza indisturbata per il nostro fronte producendoci perdite gravi e demoralizzando moltissimo la truppa. Uno spezzone uccide il generale della M.V.S.N. Liuzzi.

12 marzo 1937 xv 
La nostra truppa si ferma in zona fortificata. Il Gruppo da caccia di Soria sul fronte ha un combattimento col nemico vengono abbattuti 4 apparecchi rossi. La squadriglia del cap. Francois con molto pericolo riesce a decollare su quella pista e a trasferirsi a Soria. Per domani è previsto il trasferimento anche della nostra squadriglia.

13 Marzo 1937 xv 
Almazan11.25 Soria11.35 10 1000 Trasferimento Almazan – Soria 
Soria15.00 Soria16.30 90 1200 Crociera di protezione fronte di Trijueque 
Con molta fatica si trasportano gli apparecchi sulla pista. Le partenze sono quanto mai laboriose, atterro con due gregari a Soria. Nel pomeriggio parto in volo come gregario del magg. Casetti il tempo è pessimo e non si riesce a raggiungere il fronte.

14 Marzo 1937 xv 
Soria09.30 Zaragozza11.30 120 3500 Crociera di protezione fronte Trijueque – Atterragio a Zaragozza 
Zaragozza13.05 Soria13.55 50 1500 Zaragozza – Soria 
Parto in volo come gregario del cap. Limonesi il fronte è quasi tutto coperto voliamo al disopra delle nubi. Essendosi improvvisamente chiuso buchiamo e poiché la deriva ci ha spostati per non rimanere senza benzina andiamo ad atterrare a Zaragozza. Si riforniscono gli apparecchi e si riparte. La pattuglia del cap. Francois nelle prime ore del mattino ha avuto combattimento sono stati abbattuti 4 apparecchi Curtiss di cui due il cap. Francois.

15 Marzo 1937 xv 
Soria08.20 Soria10.20 120 6000 Protezione fronte di Trijueque – Combattimento con 6 Curtiss – Abbattuto un Curtiss 
Parto in volo con Aurili, Baschirotto e Guerci. Incrociamo sopra Torrijos ad un tratto vedo un apparecchio basso batto le ali e comincio a girare per vedere di che si tratta in quel momento uno dei miei gregari avvista degli apparecchi e sbatte le ali. Li vedo anch’io mentre girano più bassi di me puntando sulle nostre linee. Attacco immediatamente quantunque loro siano sei e noi solo quattro. Mi dirigo sulla pattuglia di destra per lasciare ai miei gregari la possibilità di attaccare gli altri tre. Ad un tratto si accorgono di noi e fanno per girare, ormai è troppo tardi gli sono addosso come un bolide e prima che possano scappare sparo, sono Curtiss nuovissimi che hanno la metà delle ali verniciate completamente in rosso, sono arrapantissimi. Dopo la prima sparatoria ne nasce una giostra furibonda da come vedo passarmi vicini gli apparecchi comprendo che il combattimento è in nostro favore. Questi dannati apparecchi sono mobilissimi non fanno in tempo ad accennare il virage che già sono contro di muso e sparano. Credo però che sparino molto male. A uno gli ho dato una mitragliata di muso fin proprio vicino, un altro quello che poi ho saputo essere caduto ho continuato a mitragliarlo in coda finchè per poco non l’investivo a questo momento l’arma di sinistra si è inceppata e mentre trafficavo per disincepparla mi sono trovato solo. Ho continuato a girare sul teatro del combattimento per 5 minuti e poi visto che i miei gregari non c’erano più così sono ritornato al campo. Baschirotto aveva già atterrato, dopo di me atterra Aurili Guerci manca all’appello. Alla sera ho saputo che dopo aver mitragliato un avversario fino al suo abbattimento era stato a sua volta preso in coda da due avversari che lo avevano ferito ad una mano e così malconcio era riuscito ad atterrare nelle nostre linee.

16 Marzo 1937 xv 
Soria14.00 Soria16.05 125 6000 Crociera di protezione fronte di Trijueque 
Al mattino il magg. Casero ha un combattimento con un numero imprecisato di Curtiss. Aurili abbatte due apparecchi uno dei quali precipita in fiamme. Nel momento medesimo che avviene il combattimento coi Curtiss i bombardieri rossi bombardano Brihuega efficacemente. Sono giornate dense di attività e di combattimenti con gli avversari molti piloti che erano ansiosi d’incontrarsi col nemico si trovano in questi giorni fin troppo accontentati. Il campo di Soria è però per noi poco adatto e per giunta gli S. 81 lo hanno ingombrato in tutti i sensi. Per domani è previsto il trasferimento al Burgo de Osma ove è già stato allestito un nuovo campo che sarà esclusivamente riservato alla caccia.

17 Marzo 1937 xv 
Soria15.30 El Burgo15.50 20 1200 Trasferimento Soria – El Burgo de Osma 
Le condizioni atmosferiche del fronte non ci permettono di volare ne approfittiamo per trasferirci nel nuovo campo. Esso è situato in località La Rasa a 7 km. dal Burgo quantunque il campo sia nuovo il fondo è buono e non si affonda come in quelli di Almazan e Soria. Alla sera andiamo al Burgo e io prendo alloggio in una casa privata. La padroncina Pepita è poetessa, una rossolina che la penuria di donne abbordabili in questa regione può far parer bellissima. I miei ospiti sono molto gentili con me però come tutti gli spagnoli anch’essi non lavorano, anche qui come nella nostra Italia meridionale c’è troppa gente che “vive di rendita”.

18 Marzo 1937 xv 
Le condizioni atmosferiche del fronte ci impediscono di fare crociera ne approfittiamo per organizzarci un po’ a terra. Alziamo le tende e sistemiamo il materiale arrivato con i camion.

19 Marzo 1937 xv 
El Burgo08.10 El Burgo10.00 110 1500 Crociera di protezione fronte di Argecilla 
Giornata tristissima per le nostre armi e per il nostro temperamento di italiani, aviatori e fascisti. Le nostre truppe si ritirano da Brihuega indietreggiano di una ventina di Km. Questa ritirata sia pure ordinatissima come in realtà è avvenuta è un fatto gravissimo oltre che per il nostro prestigio compromesso per il fatto che la presa di Madrid è rimandata proprio quando sembrava ormai cosa sicura. Inoltre da quando ha avuto inizio il movimento nazionalista è la prima volta che si indietreggia ed è dolorosissimo che a cedere siano proprio gli italiani. Il tempo è pessimo abbiamo raggiunto le linee nuove a volo rasente e poiché ci sono nubi bassissime abbiamo modo di esaminare perfettamente la situazione i nostri tornano indietro ma non in fuga, la ritirata è ordinatissima il morale è a terra alla sinistra della strada di Francia in mezzo ad un gruppo di soldati che si recano a prendere posizione dietro una trincea ne noto due stranamente avvolti in drappi rossi non capisco bene cosa facciano così conciati ma penso che si siano avvolti in bandiere rosse strappate ai nemici. Le ragioni di questa ritirata sono le seguenti: comandanti non all’altezza della situazione persone che si erano illuse dai trionfi abissini e dalla passeggiata di Malaga, defezione degli ufficiali della M.V.S.N., disorganizzazione generale. Come scusa di queste accuse è stato detto che l’aviazione non ha fatto niente, visto poi che quest’argomento non andava, dato il numero degli apparecchi abbattuti si è detto che in Brihuega al cimitero esisteva un servizio di spionaggio rosso organizzatissimo. Le ragioni però sono soltanto le suesposte e non altre.

20 Marzo 1937 xv 
El Burgo16.20 El Burgo17.50 90 4000 Scorta S. 81 a Brihuega – Combattimento con 6 pappagalli e 12 Curtiss – mitragliato un pappagallo 
Parto a capo di una pattuglia di tre apparecchi per scortare 10 S. 81. Durante il tragitto ho modo di arrabbiarmi in più maniere e riprese, la causa di ciò sono le solite nubi infatti con i miei gregari mi sono messo di fianco a tre di essi che seguono il grosso e che è scortato dal gruppo Chiappini, gli S. 81 continuano a passare fra una nube e l’altra e a me costringono ad infilarmici dentro. Prima di giungere su Brihuega viene bombardato un rado boschetto ma vedo che l’effetto sia stato ben scarso. Brihuega viene bombardata ma un po’ corta di modo che solo le ultime bombe scoppiano nelle prime case del paese. Giriamo per ritornare e subito dopo i miei gregari battono le ali accennandomi alle spalle faccio quota sugli S. 81 da scortare puntando direttamente le nostre linee mentre continuo a tenere d’occhio i miei 3 S. 81 vedo i C.R. 32 di scorta ai primi apparecchi che stanno combattendo e un apparecchio brucia per terra mentre il pilota scende col paracadute, il mio gregario di destra Carini è molto nervoso mentre io accortomi di apparecchi rossi molto vicini a noi faccio un giro a sinistra, gli avversari sono in gran numero 6 pappagalli e 12 Curtiss, nel giro Carini si tuffa sui due primi apparecchi che vede io con Aurili che è attaccato alla mia ala completiamo il giro e ci portiamo in coda ai pappagalli, intuito il pericolo che corrono gli altri Fiat 2000 metri più bassi a noi, attacco decisamente i pappagalli e ne mitraglio uno seminando la confusione in mezzo a loro, si giostra un po’ poi mi accorgo d’un Curtiss che più alto cercava la sua preda mi porto vicino e quando si accorge che non può spararmi fa un rovesciamento io seguo incocciando la sua scia ma non lo faccio perché lo voglio spaccare e invece rimango fregato poiché l’avversario vistosi perduto si tuffa disperatamente in una nube e scompare alle mie grinfie. Prima di iniziare il combattimento avevo visto un secondo paracadute aperto che poi ho saputo essere nostro. Giro per cinque buoni minuti sul teatro della lotta senza vedere nessuno dei miei gregari dopo di che mi dirigo al campo, su Siguenza vedo la stazione incendiata e capisco che i rossi hanno bombardato. Dopo Almazan incontro un temporale ma vado avanti ugualmente bene seguendo il Duero nell’ultima parte del tragitto mi aggrego a De Micheli che con un gregario rientra. A terra della mia pattuglia sono l’unico rientrato, Carini atterra molto tardi quasi al limite dell’autonomia e più tardi so che Aurili ha atterrato vicino ad Almazan capottando. Carini è stato impallinato e questo per la sua premura di tuffarsi in mezzo agli avversari però ha abbattuto un Curtiss. Aurili all’ultimo della puntata sui pappagalli visto un Curtiss più alto si era diretto a mitragliare quello ritiene d’averlo abbattuto. Il pappagallo da me mitragliato  somiglia al nostro Ro 1 ma è più veloce. Nel combattimento sono caduti due Fiat uno di questi è caduto nelle loro linee, il pilota dell’altro dopo una notte di marcia ha raggiunto le nostre colonne. Qualche ora prima di questo combattimento la squadriglia di Francois ne aveva avuto un altro con i 5 Martin-Bomber che avevano bombardato la stazione di Siguenza. Il Giovannino Beretta con mossa rapida e fulminea si portava in coda di un avversario e lo mitragliava con calma e perizia finchè quello cadeva in fiamme. Il ten. col. Chiappini come sua normale abitudine diceva di aver abbattuto un caccia. Da una verifica fatta da un ufficiale della squadriglia e da specializzati armieri veniva costatato con molta sorpresa che il suo apparecchio non aveva sparato neppure un colpo! * Che feroci questi piloti dell’assalto incendiano gli avversari con uno sguardo! Si attendono sviluppi di questa questione affatto simpatica. 
* (NDR: il pilota e’ stato prontamente rispedito in patria)

21 Marzo 1937 xv 
Le condizioni atmosferiche avverse c’impediscono ogni attività bellica. Se ne approfitta per rimettere a posto i motori e gli aeroplani scassati. Alla sera arriva il cap. Brambilla che sostituirà nel comando della mia squadriglia il cap. Dequal che rimpatria.

22 Marzo 1937 xv 
Il tempo continua ad essere pessimo. Al mattino fra la generale commozione dei componenti la “Banda Limonesi” avviene il passaggio di comando fra il cap. Dequal e il cap. Brambilla. Il cap. Dequal ci rivolge commoventi parole che sono un elogio di quanto ognuno di noi ha fatto nella squadriglia io sono particolarmente commosso e dispiaciuto che il cap. Dequal ci lasci quantunque sicuro di continuare i bei fatti sotto la guida del cap. Brambilla.

23 Marzo 1937 xv 
Il tempo che continua ad essere incerto ci impedisce azioni sul fronte. Il cap. Brambilla si fa un volo di riconoscimento della zona.

24 Marzo 1937 xv 
El Burgo15.00 El Burgo17.00 120 4000 Crociera di protezione sul fronte di Almadrones 
Si continuano le crociere di protezione che sono inutili adesso che i nostri si ritirano infatti l’aviazione rossa non si fa più vedere.

25 Marzo 1937 xv 
El Burgo11.45 El Burgo13.45 120 5000 Crociera di protezione sul fronte di Almadrones 
Continuano le crociere senza nessuna novità. Il cap. Dequal prima di partire in riconoscimento di quanto ho fatto nella sua “Banda” mi inoltra la proposta di passaggio in S.P.E. con la seguente motivazione che lusinga moltissimo il mio spirito battagliero: “Pilota da caccia di provata perizia e serietà, ha partecipato alle azioni sui fronti di Malaga e di Guadalajara con entusiasmo ed abnegazione. Ha sostenuto brillantemente vari combattimenti. Il giorno 11 Febbraio 1937 nel cielo di Motril, gregario di una formazione di quattro, scorti due apparecchi da bombardamento nemici, scortati da cinque caccia, si lanciava all’attacco abbattendo un apparecchio da bombardamento. Il giorno 15 Marzo 1937 nel cielo di Trijueque capo d’una formazione di quattro attaccava sei caccia nemici abbattendone uno. Il giorno 20 Marzo 1937 nel cielo di Brihuega capo formazione di tre apparecchi attaccava una formazione di sei apparecchi da bombardamento leggero scortati da dodici caccia mitragliando da brevissima distanza un apparecchio da bombardamento leggero”. La presente motivazione per il mio passaggio in S.P.E. per meriti di guerra non ha bisogno di commenti, chi ha vissuto questa guerra del tutto speciale se ne farà un giusto concetto.

26 Marzo 1937 xv 
El Burgo12.25 El Burgo14.15 110 5000 Scorta Ro 37 e crociera protezione fronte di Almadrones 
Scortiamo 3 Ro 37 su Masegoso – Cifuentes e in seguito facciamo crociera sul fronte le nostre truppe si cambiano con 4 Battaglioni di spagnoli così termina questa disgraziata azione che doveva condurci a Madrid.

27 Marzo 1937 xv 
El Burgo10.50 El Burgo12.50 120 4000 Scorta Ro 37 e crociera protezione fronte di Almadrones 
Continua questa scorta senza capire quali risultati dia. Ormai il cambio fra Italiani e Spagnoli è avvenuto ed il fronte è tornato nella più assoluta tranquillità.

28 Marzo 1937 xv 
La Pasqua si ripromette di passare in tutta tranquillità se non che appena mangiato viene l’ordine di trasferirsi, si sorteggiano le squadriglie e così il Gruppo Casero 4^ e 5^ va a Logrono la squadriglia di Viola va a Vitoria e il cap. Nobili rimane al Burgo. La sera a cena abbiamo i bombardieri e fra loro anche quelli dell’ S.79.

29 Marzo 1937 xv 
El Burgo16.00 Logrono17.15 75 2000 Trasferimento El Burgo de Osma  Logrono 
Al mattino il magg. Casero parte per andare a provare il campo di Logrono a causa di una piantata del motore  va a finire fuori campo e si ferisce viene ricoverato all’ospedale di Logrono. La sera si parte il nostro Gruppo al completo col col. Canaveri in testa. A Logrono dobbiamo fare una discreta anticamera prima di poter atterrare. I due gregari di Mantelli in atterraggio danneggiano un po’ gli apparecchi. Il campo è grande ma soprattutto ben attrezzato ci sono tre hangars e ottimi alloggiamenti sia per ufficiali che per specialisti i sottufficiali alloggiano invece in città.

30 Marzo 1937 xv 
Il nostro compito qui non ha un ruolo molto importante si tratta infatti di scortare  i nostri S. 81 nei loro bombardamenti verso Bilbao. In compenso qui c’è del buon vino e una buona cucina le donne sono più abbordabili che altrove.

31 Marzo 1937 xv 
Logrono15.10 Logrono16.10 60 2000 Scorta S. 81 zona di Durango 
E’ questo il secondo bombardamento di Durango l’azione è veramente spettacolare e il paese viene nuovamente centrato. I danni debbono essere stati enormi.

1 Aprile 1937 xv 
A causa del maltempo non si svolge nessuna attività di volo.

Note al diario 
Poco dopo l’inizio delle ostilità, i piloti italiani e nazionalisti si scontrarono con nuovi tipi di velivoli fino a quel momento sconosciuti. I servizi segreti li identificarono come aerei americani e attribuirono loro dei nomi che potremmo definire “di fantasia”, che rimasero in uso anche quando l’origine sovietica venne definitivamente accertata. Gli aerei giunsero via   mare all’inizio del settembre 1936 e ogni nave imbarcava, oltre ai velivoli smontati, ingenti quantità di motori, parti di ricambio, bombe e munizioni, carburante, etc. Assieme agli aerei giunsero anche una cinquantina di equipaggi sovietici, da impiegarsi nell’addestramento di piloti e tecnici nazionalisti, e quale personale combattente. Non a caso i due maggiori “Assi” del conflitto furono due piloti da caccia sovietici, entrambi con oltre trenta vittorie. I nomi più usati furono: Curtiss (battezzato Chato – corto – dai repubblicani): si trattava del caccia biplano Polikarpov I-15; Martin Bomber: si trattava dell’ottimo bombardiere leggero Tupolev SB-2 Katiuska, la cui velocità massima superava di 20 km/h quella del C.R. 32; Rata (topo e Mosca per i repubblicani): Polikarpov I-16, il miglior caccia in servizio con l’Arma de Aeronautica repubblicana, superato – abbondantemente – nelle prestazioni solo dal Messerschmitt Bf. 109B; Pappagallo (Papagayo per i nazionalisti): biplano da ricognizione e bombardamento leggero Polikarpov R-Z. Nek diario inoltre, alcuni termini sono in lingua spagnola: “Requetès”, truppe monarchico-carliste e “avioneta”, aeroplano.

Un episodio divenuto famoso 
Il combattimento del 11 febbraio è celebre perché immortalato nel romanzo “L’espoir” di Andrè Malraux. Non ho mai saputo se mio padre fosse a conoscenza di questo particolare e probabilmente lo ignorava del tutto ed è merito dell’ing. Ferdinando Pedriali l’averlo riportato alla luce nella sua documentata “Guerra di Spagna e Aviazione Italiana” 1^ edizione 1989. Malraux mitizza lo scontro individuando in diciotto (!) i caccia nazionalisti che, al contrario erano solo quattro (Mantelli, Monti, Drigani e Cova). Il Potez affrontato da mio padre portava sul timone l’insegna della lettera B, ebbe tutti i membri dell’equipaggio feriti e, colpito nei motori, riuscì ad ammarare vicino alla spiaggia del Cabo Sacratif. Mantelli, nel combattimento con l’altro Potez, fu poi costretto ad un atterraggio di fortuna a est di Motril da dove rientrò fortunosamente nelle linee nazionaliste, come è raccontato nel diario. Il bombardiere repubblicano, ripetutamente colpito, andò distrutto in atterraggio a Llanos de Dalias. Andrè Malraux (1901-1976) allo scoppio della guerra civile in Spagna, organizza, aiutato dal ministro dell’aeronautica francese Pierre Cot, una squadriglia di aerei con piloti internazionali che chiama Escuadrilla Espana e che partecipa alle prime missioni. Questa iniziativa, col progredire del conflitto mostra i suoi notevoli limiti dovuti sia alla organizzazione più propagandistica che militare, che alle scarse motivazioni e addestramento scadente dei piloti i quali da bravi mercenari, si impegnavano con riluttanza contro i più combattivi e abili piloti italiani. Con l’arrivo dei piloti sovietici, dei loro moderni apparecchi e con il rafforzamento dell’aviazione repubblicana, l’Escuadrilla di Malraux perderà progressivamente importanza sino ad essere emarginata del tutto dal conflitto. Malraux, durante il secondo conflitto mondiale, combatte ed è fatto prigioniero dai tedeschi, riesce ad evadere e partecipa alla resistenza, nuovamente catturato dalla Gestapo è liberato dall’avanzata degli alleati e conclude la guerra nei reparti gollisti. Celebre oratore, dopo la guerra sarà ministro della cultura nei governi di De Gaulle.

Il comandante Dequal e la Cucaracha 
I primi caccia CR 32 arrivati in Spagna impressionarono i combattenti di entrambi gli schieramenti per le loro prestazioni e per l’abilità dei piloti nazionalisti. Fu così che nacque la leggenda della Squadriglia “Cucaracha”: infatti i veloci e manovrieri Fiat furono paragonati dai soldati delle fanterie che se li vedevano volteggiare sopra, agli agili scarabei che correvano nella sabbia riarsa dal sole del Mediterraneo, appunto le cucarachas. Complice anche un’allegra canzonetta popolare messicana di moda in quegli anni, i piloti dipinsero sulle fusoliere uno scarafaggio col fez in testa intento a suonare un sassofono da cui escono a mo’ di note degli aeroplanini. La prima base è Caceres e la squadriglia è  comandata dal triestino capitano Vincenzo Dequal alias “Limonesi” arruolato nel Tercio, successivamente la squadriglia si trasformerà in Gruppo Cucaracha. 
All’arrivo di mio padre, il Gruppo è formato da due squadriglie: la XXIV comandata dal cap. Dequal  e la XXVI comandata dal ferrarese cap. Armando Francois.

Prosegue la missione in Spagna 
Nel periodo che va dall’aprile ’37, data di interruzione del diario, e praticamente sino a tutto giugno, la XXIV squadriglia della Cucaracha è impegnata al nord sul fronte di Bilbao con base a Logrono. Sono per lo più scorte agli S. 81, crociere di protezione e di interdizione su quel difficile teatro di guerra dove la resistenza dei repubblicani è tenace e coraggiosa. In giugno i caccia della Cucaracha si trasferiscono a Saragozza dove operano sino ai primi di luglio a supporto delle azioni sul fronte di Huesca – Teruel. Nello stesso mese gli aerei nazionalisti si trasferiscono nel campo di Avila da dove prendono parte all’offensiva su Brunete  e Madrid. In questo mese, in particolare, il contrasto dell’aviazione repubblicana è più marcato e i cacciatori italiani vengono di frequente impegnati in duelli aerei e talvolta ricevono la visita dei veloci Martin Bomber. Nei duelli del 12 e 25 luglio vengono accreditati a mio padre gli abbattimenti di un Curtiss e di un Rata. 
In agosto i caccia nazionalisti tornano a Logrono dove si prepara una violenta offensiva nazionalista sul fronte di Santander. Le truppe franchiste e i legionari italiani il giorno 14 e i successivi 15 e 16 sferrarono un poderoso attacco che fu coronato da successo contro le postazioni fortificate repubblicane del settore di Soncillo. Il giorno quindici c’è una sortita in massa della caccia repubblicana per contrastare i continui bombardamenti dell’aeronautica nazionalista. In quella occasione una esigua pattuglia di CR 32 guidata da mio padre si getta contro un numeroso gruppo di Curtiss e nel combattimento che ne segue, arrivano a dar loro provvidenziale aiuto i caccia del cap. Brambilla e quelli del cap. Borgogno della 31 a. squadriglia. Nella confusione di scontri individuali, mio padre riesce a mitragliare un Curtiss, ma deve desistere in quanto a sua volta viene attaccato da un secondo Curtiss, tanto che rientra colpito. Comunque i caccia nazionalisti riportano una vittoria  abbattendo due Rata e altri tre apparecchi probabili. E’ un periodo molto duro per i nostri aviatori: il libretto di volo lo testimonia riportando due o tre missioni giornaliere. Si arriva infine a settembre, la XXIV sq. è al campo di Saragozza dove le missioni prevedono la scorta dei bombardieri che compiono missioni sui fronti di Huesca, Belchite e Zuera.

Colpito dal “fuoco amico” 
Il giorno 24 al rientro da una scorta agli S. 81 sul fronte di Zuera, l’apparecchio di mio padre, viene colpito da un cannone contraereo nazionalista, oggi si direbbe da “fuoco amico”. E’ chiaramente un errore della nostra contraerea, che non è riuscita ad identificare il CR 32 che ritorna verso le linee nazionaliste, tanto che il ten. Aurili avrà per questo, un violento alterco col comandante della postazione. Ecco il racconto che mio padre fa dell’accaduto ed è riportato in “L’aviazione legionaria in Spagna” di Guido Mattioli – ed. L’Aviazione – Roma 1940: 
“Il giorno 24 settembre 1937 durante un volo di scorta al bombardamento sul cielo di Zuera a nord di Saragozza, il mio CR 32 veniva colpito da un proiettile dell’artiglieria legionaria che incendiò l’apparecchio. In un primo istante, semi soffocato dalle fiamme e dal fumo, dovetti perdere i sensi, che riacquistai immediatamente non appena le fiamme incominciarono a dileguarsi. Mi decisi a lanciarmi; aprii di colpo le bretelle, stimolato da quel feroce caldo che sentivo alle gambe. Speravo di essere proiettato fuori ed invece cominciai a fare la polenta dentro la fusoliera, poiché di tutto l’apparecchio solo quella rimaneva; dandomi una spinta con ambo le mani vinsi la forza centrifuga che mi teneva dentro e fui proiettato a testa in giù obliquamente al terreno. Il paracadute funzionò regolarmente con lo scatto automatico; ebbi una frenata alla mia caduta, ma nessuno strappo al petto, poiché ho avuto sempre l’abitudine di stringermi bene il paracadute al corpo, come quello di legarmi stretto alla fusoliera. Vidi che il vento mi trascinava verso i rossi; cominciai a muovere le braccia come nel nuoto e guadagnai una quindicina di metri sul terreno: le gambe mi bruciavano troppo per poterle adoperare. Arrivato al suolo dovetti schiacciarmi a terra perché i rossi mi sparavano appena facevo un movimento: ero infatti caduto su territorio rosso appena occupato dai nostri. Con un balzo portatomi fuori da quel punto battuto fui scorto dai nostri e salvato”. 
Mio padre si salvò riportando ustioni alle gambe e ai polsi, tanto che qualche volta mi mostrava i segni che i bottoni della tuta di volo gli avevano lasciato, fondendosi per il calore come un segno indelebile sulla pelle. Ebbe anche una frattura all’epistrofeo che lo costrinse ad una lunga convalescenza all’Ospedale di Saragozza, inguainato in un fastidioso scafandro di gesso: “la minerva”. Di quel periodo conserverà sempre, sul suo comodino, un’immagine della Virgen del Pilar donatagli da una suora assistente all’Ospedale. Allora i paracadute, come emerge dalla testimonianza che ho riportato, non avevano ancora l’imbracatura all’inguine e, se non ben stretti, si potevano sfilare al momento dello strappo causato dall’apertura. Un caso drammatico fu quello dell’equipaggio di un Martin Bomber repubblicano che si lanciò mentre l’apparecchio colpito precipitava: i paracadute si strapparono letteralmente per l’eccessiva velocità di caduta e i tre aviatori non ebbero scampo.

Le decorazioni 
Mio padre rientra dalla Spagna decorato con due medaglie d’argento al VM, la “Medalla de Sufrimientos por la Patria” dell’Esercito Spagnolo, il passaggio al Servizio Permanente Effettivo, la promozione a Tenente per merito di guerra e con all’attivo oltre 280 ore di volo di guerra. Queste le motivazioni delle decorazioni al VM:

Abilissimo pilota da caccia con all’attivo quattro apparecchi abbattuti, gregario fedele in pericolose scorte a 50 km. oltre le linee nemiche, capo pattuglia sicuro, in audaci crociere dimostrava in più di 200 ore di volo di guerra, attacchi nel cielo e in arditi mitragliamenti a terra, calma, sangue freddo e sereno sprezzo del pericolo. Bellissimo esempio di combattente e di pilota.Cielo di Vizcaya,  Aprile – Giugno 1937 – XV

Volontario in missione di guerra per l’affermazione degli ideali fascisti, nel periodo di circa tre mesi partecipava a 86 voli di guerra comportandosi sempre da valoroso. Durante un’azione in cielo nemico, trovandosi staccato dal resto della formazione ed assalito da forze tre volte più numerose, anziché rientrare nelle linee impegnava deciso combattimento abbattendo un assalitore e volgendo in fuga gli altri. Luminoso esempio di indomito combattente.Cielo di Spagna, Luglio – Settembre 1937 – XV

Il ritorno al 4° Stormo 
Terminata l’esperienza in terra di Spagna, mio padre rientra a Gorizia per riprendere l’attività di volo nella 90^ sq. comandata dal cap. Elio Fiacchino. Il 26 marzo 1938 il libretto di volo riporta 25 min. su CR 32 e la nota “Ripresa voli”. Il 5 aprile 1939 assume il comando della 84^ sq. del X Gruppo. La 90^ sq. in quel mese viene disciolta per andare a formare la 151^ sq. del 6° Stormo a Rimini per poi ricostituirsi il 1° luglio 1939 col personale proveniente dalle altre squadriglie del 4° Stormo. A questo punto è opportuna una breve digressione per far capire quale fosse allora la configurazione di uno Stormo Caccia della Regia Aeronautica e quale fossero le dimensioni dei vari reparti. Lo Stormo, comandato in genere da un Colonnello pilota, ma anche da un ten. col. o più raramente da un Maggiore prossimo alla promozione, si compone di due Gruppi, ciascuno dei quali è comandato da un ten. Colonnello o Maggiore. Ogni Gruppo si compone, di solito di tre squadriglie, ciascuna delle quali ha in carico una dozzina di velivoli da caccia più qualche altro aeroplano per servizi e collegamento. Un Capitano o un Tenente anziano comandano una squadriglia, solitamente composta da cinque, sei ufficiali piloti e altrettanti sottufficiali piloti. Completano l’organico sottufficiali motoristi, montatori e armieri oltre che il personale dei servizi amministrativi e del “governo”. 
L’84^ sq. del X Gruppo sarà quindi ininterrottamente comandata dal ten. “Gigi” Monti da metà marzo del 1939 sino ai primi di ottobre del 1940, quando dovrà lasciare per un paio di mesi il comando al cap. Vanni a causa di una debilitante infezione intestinale “africana”. Riprenderà il comando della squadriglia a fine 1940 per tenerlo sino a fine novembre 1941; nel frattempo è stato promosso capitano nel febbraio del 1940. Allo scoppio delle ostilità lo Stormo è comandato dal col. Grandinetti, il X Gruppo è agli ordini del ten. col. Piragino, mentre il IX è comandato da una figura leggendaria il Magg. Botto “Gamba di Ferro” Medaglia d’oro al VM. I tre ufficiali sopracitati sono tutti veterani dello Stormo, con lunghi periodi di comando, anche il ten. col. Piragino che pur proviene dallo Stato Maggiore ha comandato in passato la 96^ sq.. In particolare il col. Michele Grandinetti è molto apprezzato dai suoi uomini per l’umanità e la bonomia che lo contraddistinguono, avendo una conoscenza profonda di tutto il personale di cui capisce le esigenze e che, senza presunzione, sa valutare suggerimenti e consigli che gli vengono dai sottoposti.

Il secondo conflitto mondiale 
La prima chiamata bellica dello Stormo è per il X Gruppo con l’84^ sq. comandata da mio padre, la 90^ dal cap. Maggini e la 91^ dal cap. Giuseppe D’Agostinis, anche lui veterano e decorato al valore della guerra di Spagna, originario di Cervignano del Friuli. La destinazione è il campo T2 di Tobruk in Libia, nient’altro che una spianata desertica senza alloggi e attrezzature. 
Gli aviatori del 4° si arrangino! Sui copriruote dei Fiat C.R. 42 dell’ 84^ sq. sono dipinte le “bianche stelle” volute dal cap. Monti come nuovo distintivo, in segno di fiducia bene augurante nella fortuna d’Italia. Successivamente la stella passerà sulle carlinghe dei M.C. 200 e poi mantenuta sui primi M.C. 202 ricevuti dal X Gruppo, fino al marzo del 1942, quando l’allora comandante François farà uniformare le insegne di entrambi i Gruppi, eliminando quelle di squadriglia. Il IX Gruppo inizialmente è schierato sul fronte occidentale e solo a luglio si schiera a Comiso per operare su Malta. La 73^ sq è comandata dal ten. Pezzè e conta numerosi piloti “acrobatici” come il ten. De Campo e i marescialli Ruffilli, Montanari e Renzi; la 96^ dal cap. Fassi e la 97^ è agli ordini del cap. Larsimont. La storia del 4° Stormo è stata raccontata con dovizia e accuratezza di particolari dal gen. Antonio Duma nell’opera “Quelli del Cavallino Rampante” che comparve in un primo volume nel 1981 cinquantenario della costituzione dello Stormo e di recente (dic. 2007), è stato completato e ripubblicato per le Edizioni Rivista Aeronautica in due bellissimi volumi che comprendono anche il periodo successivo all’8 Settembre. Se io volessi riportare qui le vicende di mio padre nel periodo del secondo conflitto rischierei di ripetere cose già dette e dovrei per forza rifarmi all’opera del gen. Duma e anche ai testi dei tanti scrittori di cose aeronautiche che si sono succeduti in questo lungo dopo guerra, da Flaccomio a Lazzati, da Pagliano a Trizzino a Rocca fino, di recente a Slongo e Massimello, senza contare gli articoli sulle riviste specializzate, in molti hanno riportato le imprese e gli eroismi dei piloti e degli uomini del 4°. Le gesta degli aviatori ed in particolare di quelli della caccia hanno sempre avuto un fascino speciale che deriva dal binomio uomo – apparecchio, avvolgendole per di più di un’aura romantica. La guerra è tragica e crudele ma i cacciatori, non si proponevano di uccidere ad ogni costo, era sufficiente la vittoria, l’eliminazione dell’avversario non era il fine del combattimento: come in un codice cavalleresco antico. 
Tutto quello di più preciso che  ho saputo della vita aeronautica di mio padre, o lo leggevo sui libri, o l’ho saputo dopo la sua morte nei racconti stringati e privi di retorica che me ne hanno fatto i “suoi” piloti, anche loro allergici al “reducismo”. 
Lui non si vantava mai, un po’ per l’educazione rigorosa ricevuta, un po’ per un naturale riserbo a manifestare le emozioni, ma soprattutto per molta sana e ironica sottostima nella quale riaffiorava il beffardo carattere dei toscani. E ho pure notato che all’irruenza e spavalderia della guerra di Spagna, col tempo e con l’esperienza di comando, si erano sostituite la ponderatezza e la pacatezza, tanto che i colleghi lo ritenevano il “Saggio” per eccellenza. Queste doti si rivelano preziose quando in guerra si ha la responsabilità della vita degli altri. Alcune volte, da mezze parole, riuscivo a capire che c’erano stati episodi eroici, momenti di grande pericolo e attimi in cui la morte, per quella volta, aveva deciso di lasciare perdere, ma mai con enfasi, solo con la consapevolezza di aver fatto sempre il proprio dovere: al meglio in ogni circostanza. Pertanto non mi dilungherò nell’elenco delle vicende che hanno prima interessato l’84^ squadriglia e poi il X Gruppo fino a tutto il 1941, ma riporterò quelle azioni (poche) che ero riuscito a carpire dai suoi ricordi e di cui andava legittimamente orgoglioso.

Sono un aviatore, non un criminale! 
Africa Settentrionale  6 Agosto 1940: l’84^ sq. è al  campo T3 di El Adem, una base questa ben attrezzata con aviorimesse e baracche per i servizi, decisamente meglio del T2. In organico ci sono piloti esperti come i tenenti Vincenzo Vanni, Paolo Berti, Giuseppe Aurili e i marescialli Bandini e Nicola. La squadriglia ha già dato il suo contributo di sangue con la perdita del sergente Ugo Corsi, un pilota acrobatico che mio padre definì “bravissimo tra i bravi”, caduto nel primo combattimento del 19 giugno su Bir Gibni. Il ten. col. Piragino e il ten. Aldo Lanfranco sono prigionieri degli inglesi. I piloti inglesi sono abili e danno filo da torcere ai nostri cacciatori, i C.R. 42 riescono ancora a tener testa ai Gloster, ma sono già comparsi gli Hurricane e a questi apparecchi si può opporre solo il “manico”. Quel pomeriggio mio padre parte su allarme seguito dal maresciallo Emiro Nicola e dal serg. Alessandro Bladelli della 91^ sq., ma presto Nicola rientra per cattivo funzionamento delle armi. I due C.R. 42 in quota, a 2500 metri, si portano a una trentina di km. a nord di Tobruch, dove avvistano e attaccano un idro Sunderland. Questo idrovolante è un quadrimotore, potentemente armato che gli inglesi impiegano nella ricognizione della costa del Mediterraneo e nella lotta ai sommergibili. L’equipaggio è di sette uomini, ma può efficacemente fungere da trasporto, come dimostrerà poi nell’evacuazione dell’isola di Creta. I tedeschi lo chiamano “porcospino” data la pericolosità delle sue armi difensive. Invece il tenente Neri Piccolomini appena lo vide, esclamò: “Questo non è un aeroplano, …. questo è un tram…!!”. I due caccia del 4° si fanno sotto e, col sole alle spalle, prima neutralizzano la torretta posteriore e successivamente, con due separate puntate, mettono fuori uso le mitragliatrici delle due fiancate. Con diversi membri dell’equipaggio feriti, il Sunderland ha uno dei motori di destra bloccato e il serbatoio sulla stessa ala inizia a prendere fuoco. L’idro è costretto ad ammarare dopo una quindicina di minuti di combattimento: sono le 16.20 del pomeriggio. Mio padre fa cenno a Bladelli di rientrare per avvisare la Marina che provveda al recupero del Sunderland e resta di guardia sul luogo dell’ammaraggio. Avvistato il cacciatorpediniere “Rosolino Pilo”, cerca di guidarlo sul luogo 
dell’ammaraggio, ma è costretto a rientrare col carburante ormai esaurito. Ripreso un CR 32 si riporta sul mare e resta a vigilare finchè l’idrovolante non viene recuperato: sono ormai le 19. Il Sunderland proviene dalla base di Abukir, ha la matricola N9025 OO-Y ed è in forza al 228th Squadron, lo pilotano il tenente W. Smith, con lui altri otto membri dell’equipaggio. Non appena raggiunto dai mezzi della Marina, l’equipaggio, che ha sempre mantenuto il contatto radio con la base, affonda l’idro sul quale è rimasto il corpo dell’aviere scelto Jones, deceduto a seguito delle ferite e sale su un battellino. Gli aviatori inglesi vengono quindi fatti prigionieri. Devo questi particolari all’ottimo sito “Biplane figther aces” dello svedese Hakan Gustavsson che riporta quanto da me narrato, confermando sostanzialmente e tranne alcuni particolari poco significativi, il testo già citato del gen. Duma. Unica discordanza: gli inglesi asseriscono che il Sunderland abbattuto da Monti e Bladelli sia stato il primo che loro hanno perduto in quel teatro di guerra, mentre risulta che il ten. Lucchini ne abbia abbattuto uno in collaborazione con altri tre piloti già il 21 giugno 1940, al largo di Bardia. Comunque, precedenze o meno, mio padre mi raccontava che quando fece rapporto, non ricordo chi tra i superiori, di certo non uno del 4°, ma forse poteva essere anche un papavero della Marina, questi, commentando il recupero del Sunderland, disse “Capitano, poteva sparargli con le traccianti …” alludendo ad un sicuro incendio dell’aereo ammarato che perdeva benzina. La risposta, secca, fu: ”Sono un aviatore, non un criminale!”

Il mitragliamento di Mikabba 
Ai primi di gennaio 1941, il 4° ha ricevuto l’ordine di rimpatrio e lascia la Libia, avendo terminato quello che i suoi uomini chiameranno il “Primo ciclo africano”. Il rientro in Italia non avviene senza drammi. Il 15 gennaio la nave “Città di Messina” viene silurata sul golfo della Sirte mentre si trasferisce da Bengasi a Tripoli. A bordo ci sono specialisti e personale di governo: scompaiono 35 uomini del X Gruppo; avrebbero dovuto riunirsi ad altro personale dello Stormo a Tripoli per rientrare in Patria con un altro piroscafo. Nell’affondamento vanno perduti tutti i documenti dei due Gruppi e delle Squadriglie. A Gorizia lo Stormo si ricostituisce ed iniziano i passaggi su un nuovo velivolo: il Macchi M.C. 200. 
All’inizio i piloti hanno qualche difficoltà con questo aereo monoplano ad ala bassa, ma rapidamente prendono confidenza col velivolo che si rivela affidabile, robusto e assai maneggevole. In aprile il X Gruppo si trasferisce nel vicino aeroporto di Ronchi dei Legionari, da dove partecipa alla breve campagna contro la Jugoslavia. A metà giugno il Gruppo, che è comandato da un magnifico ufficiale, il ten. col. Carlo Romagnoli, è a Catania  per combattere su Malta. L’attività è subito intensa, i piloti sono impegnati in scorte ai ricognitori e al bombardamento e a crociere di protezione ai convogli. Volare sopra Malta è rischioso e impegnativo i piloti  sono spesso affrontati dalla caccia nemica, i motori dei Macchi M.C. 200, costruiti dalla Fiat, fanno salire la temperatura dell’olio e costringono a rientri anticipati a Catania. Il comandante Romagnoli, inviperito, li farà cambiare. In luglio la RAF bombarda di notte Napoli impiegando dei Wellington partiti dall’aeroporto di Mikabba, sull’isola di Malta. Mussolini stesso ordina la ritorsione: si deve mitragliare l’aeroporto di Mikabba! Tocca al X Gruppo! Il 9 luglio i cacciatori devono rinunciare perché Malta è coperta dalle nuvole. Si ritenta l’11. Da Catania alle 12.40 decollano dodici apparecchi in quattro pattuglie da tre, presto Romagnoli è costretto al rientro per noie al motore. Il comando è preso da mio padre, adesso sono in undici, protetti dal cap. Guiducci e dagli altri piloti del Gruppo cui si sono aggiunti un trentina di caccia del 54° Stormo. Gli undici, oltre a mio padre, sono: Ceoletta, Ferrulli, Lucchini, Santonocito, Devoto, Berti, Bignami, Buttazzi, Patrizi e Pillepich. I Macchi sorvolano l’isola da 5000 metri poi piazzano un’affondata sino a 2500 metri per allinearsi con la pista di Mikabba. La reazione contraerea è impressionante, gli inglesi sparano anche a zero sugli apparecchi italiani che sfiorano a volo radente l’aeroporto. Il ten. Berti preso dall’azione, evita per un pelo l’asta della manica a vento e passa a pochi metri da una postazione della contraerea. Cinque Wellington prendono fuoco e altri tre sono efficacemente colpiti. Gli undici piloti rientrano bassi sul mare a tutta velocità. Intanto sono intervenuti anche gli Hurricane, subito impegnati da Guiducci e dagli altri caccia. 
I caccia inglesi inseguono i Macchi che hanno mitragliato Mikabba; Devoto che si è attardato viene soccorso da Lucchini e Ferrulli. I tre piloti vengono aggrediti da sette o otto Hurricane e filano a tutto motore verso la Sicilia. Ferrulli ha l’aereo ridotto a un colabrodo, Santonocito è stato colpito da un colpo della contraerea al timone di profondità ed evitando manovre brusche, benché mitragliato dalla caccia inglese, riesce a rientrare a Catania. Anche gli altri aviatori  della scorta rientrano tutti, sono le 14.10 del pomeriggio. Il serg. Fiorito, impegnato da tre Hurricane, atterra senza più benzina a Trapani. Tutti i piloti ce l’hanno fatta e rientrano incolumi. E’ stata una grande fortuna! L’impresa dei coraggiosi piloti è citata nel bollettino di guerra n° 402. Il gen. Pricolo telegrafa il suo elogio al X Gruppo. Mio padre più sommessamente commenta “La prossima volta, i miei piloti su Mikabba ce li porto dopo che c’è andato anche il figlio di Mussolini …!” 
Si conclude così, una delle imprese più rischiose e audaci cui i piloti del 4° abbiano partecipato.

La guerra continua 
Il X Gruppo continua le operazioni su Malta. Il 4 settembre 1941 cade il comandante Romagnoli. Dopo uno scontro contro numerosi caccia inglesi il suo apparecchio è visto picchiare lievemente, apparentemente in assetto normale, ma non rientra alla base. Le ricerche, prolungate e accurate non danno esito. Le sua perdita è sentita molto dagli altri piloti: comandante coraggioso e altruista era sempre alla testa dei suoi piloti in ogni azione bellica. Gli sarà decretata la massimo onorificenza al Valor Militare Il serg. Migliorato testimonia che Romagnoli abbia rifiutato per sè una delle tre prime corazze protettive dei Macchi a favore dei suoi gregari. Il giorno del suo ultimo combattimento, Romagnoli non aveva l’abitacolo protetto. Dai primi di ottobre il X Gruppo è a Comiso, dove è raggiunto dal IX Gruppo fornito ora dei nuovi Macchi M.C. 202 e lo Stormo si riunisce e si ricompatta. Il 25 ottobre 1941 in una missione su Malta cade il comandante dello Stormo col. Eugenio Leotta: gli sarà concessa la Medaglia d’oro al V.M., è ancora la dimostrazione che i comandanti del 4° sono d’esempio e non si risparmiano.

Di nuovo a Gorizia 
Mio padre a dicembre 1941 lascia l’84^ squadriglia e passa a Gorizia dove dirigerà i corsi della Scuola Caccia comandata dal t.col. Botto. Per il suo comportamento sul fronte africano, gli vengono conferite due medaglie d’argento al VM “sul campo”, con le seguenti motivazioni:

Comandante ardito e valoroso di squadriglia da caccia, in cinque ardui combattimenti contribuiva con decisione e valore all’abbattimento di nove apparecchi avversari. In successivo combattimento, attaccato da formazioni da caccia soverchianti, pur conscio del grave pericolo accettava arditamente l’impari lotta, assicurando con la sua audacia e il suo valore una brillante vittoria all’ala italiana.Cielo di Tobruk e di Gabr Salech, 8 Agosto 1940.

Comandante di squadriglia da caccia partecipava a numerose azioni belliche su mare aperto e su munita base aeronavale avversaria. Attaccato da una formazione di caccia nemici numericamente superiore trascinava i propri gregari ad un impetuoso combattimento che si concludeva con una brillante vittoria.Cielo di Malta e del Mediterraneo, giugno – settembre 1941.

Il 4° per tutto il 1942 combatte sempre in prima linea, ancora in Africa Settentrionale nell’avanzata che porterà le truppe dell’Asse ad El Alamein e poi ancora dalla Sicilia su Malta con un eroico contributo di caduti tra i piloti e i comandanti dei reparti. Poi, sfondato il fronte egiziano dagli Alleati nel novembre 1942, inizia la ritirata in Libia e il successivo trasferimento in Patria. A febbraio 1943 lo Stormo è di nuovo operativo ma ormai si tratta di contrastare gli Alleati sul cielo italiano. A giugno – luglio le squadriglie sono a Catania per opporsi all’occupazione della Sicilia, ma è un inferno! Ancora gravi perdite e giovani vite di coraggiosi spezzate: il 5 luglio cade l’asso capitano Franco Lucchini. Viene decorato con la medaglia d’oro al VM, è e resta un simbolo per tutta l’Aeronautica italiana.

Dopo l’8 settembre 
E si arriva, purtroppo, all’8 settembre 1943. A quella data il 4° è rimasto uno dei pochi reparti operativi della Regia Aeronautica e combatte in Calabria per contrastare l’avanzata degli Alleati nella penisola. Il proclama di Badoglio arriva la sera, anche se giravano già voci dell’armistizio. in quei momenti drammatici, in cui mancava un vero piano organico di protezione e di rischieramento delle Forze Armate, il merito del comandante col. Armando Francois fu quello di non perdere la testa e di mantenere unito il reparto. Si può immaginare comunque il turbamento delle coscienze di quegli uomini: gli ufficiali hanno motivato la loro scelta e ne hanno parlato ai sottoposti, consapevoli dello sconcerto e del pericolo del “tutti a casa”. Però alla fine prevale il grande spirito di corpo del 4° e il trascinante esempio dei vari comandanti che in tante vicende di guerra condivise, non hanno mai rinunciato a sacrificarsi alla testa dei loro uomini. E’ lo spirito di Gorizia, è l’esempio che seppe loro dare il Duca Amedeo d’Aosta! E’ un fatto che lo Stormo già il 10 settembre abbia riorganizzato la forza all’aeroporto di Galatina – Lecce e che a Brindisi funzioni una seppur ridimensionata struttura di vertice della Regia Aeronautica. Mio padre, che è rientrato fortunosamente dalla Scuola Caccia di Gorizia il giorno 10, il 12 settembre è al comando del X Gruppo. Il giorno 11 ricominciano anche le missioni di scorta e protezione sull’Adriatico. 
Di quel periodo difficile ed anche umiliante per le sorti della Patria, mio padre conserverà sempre un rammarico profondo: la mancata concessione della massima onorificenza al Valor Militare al capitano pilota Giovanni Baraldi.

Baraldi e la Bandiera dello Stormo 
Le vicende che si conclusero col sacrificio della vita del cap. Baraldi, fanno parte di un capitolo poco conosciuto della storia del 4° Stormo. Baraldi l’8 settembre è responsabile del Nucleo Deposito a Pescara, che rappresenta l’appoggio logistico dello Stormo dove sostano gli aerei per le revisioni e le riparazioni. Il 13 settembre giungono da Lecce due S.M. 82 con i fusti di benzina per rifornire gli aerei efficienti della base e trasferirli al sud. I due trimotori sono scortati da due Macchi 205 pilotati dal ten Larsimont e dal mar.llo Perno. Scaricati i fusti e caricato materiale di ricambio e personale gli aerei ripartono, ma  i tedeschi, appostati nei pressi delle piste sparano con la contraerea: un trimotore e Larsimont riescono a decollare ed allontanarsi, sebbene colpiti. Uno degli S.M. 82 si incendia, ma gli occupanti riescono a salvarsi e fuggono, il pilota è catturato dai tedeschi. Anche il mar.llo Perno, col 205 colpito, è costretto a riatterrare e fugge sotto il fuoco dei tedeschi. Verso sera Baraldi è avvicinato da un uomo in abiti borghesi: è un tecnico della ditta Macchi, il sig.Pozzi, che la mattina è fuggito dal S.M. 82 incendiato. Baraldi tira un sospiro di sollievo: l’uomo porta con se l’astuccio che contiene la bandiera dello Stormo e che avrebbe dovuto raggiungere il reparto al sud. A questo punto l’ufficiale ha la certezza che non potrà più ricevere aiuti. Parte del personale si è sbandato e Baraldi si adopera con altri ufficiali per far rientrare coloro che si erano allontanati, nasconde poi parte del materiale del deposito e precauzionalmente  si trasferisce  nel paese di San Giovanni Teatino tra Pescara e Chieti. Successivamente l’ufficiale tenta, senza successo, di ottenere aiuto dal presidio di Chieti per liberare l’aeroporto di Pescara dal controllo dei tedeschi in modo da poter inviare al sud almeno gli aerei efficienti. Ritorna però spesso nella villetta di Sambuceto poco lontana dall’aeroporto di Pescara dove sono alloggiati gli specialisti del Nucleo. Per sicurezza sua e dei suoi uomini egli accetta di trasferirsi temporaneamente presso una proprietà della famiglia Valignani grazie alla disponibilità della madre del ten. Alessandro Valignani pilota dell’84^ sq.. Sempre in quel periodo gli aviatori sono braccati da pattuglie tedesche e a fine settembre si spostano nuovamente a Colleferrato. Baraldi è fedele alle consegne ed è restio ad allontanarsi dal Nucleo Deposito, la giovane moglie lo supplica più volte e inutilmente di rientrare a casa. Neppure un gruppo di partigiani è in grado di aiutarlo. Perse le speranze, Baraldi autorizza il maresciallo Di Giulio, uno dei suoi uomini, a rientrare a casa a Tocco da Casauria, consegnandogli la bandiera dello Stormo che è stata da lui custodita fino a quel momento. Di Giulio nasconderà il glorioso vessillo prima nella sua abitazione e poi in una tomba nel cimitero; per questo fatto riceverà una decorazione al VM e la promozione ad Aiutante di Battaglia per merito di guerra. Il gruppo di fedeli a Baraldi, ridotto al lumicino, si sposta in continuazione per sfuggire ai tedeschi, le armi sono occultate, gli uomini ormai rientrano a casa o si spostano al sud. Arriva  l’inverno e sopravvivere è veramente duro. Il 30 dicembre il Gruppo viene sciolto ufficialmente da Baraldi. Il 9 gennaio 1944 una pattuglia tedesca intercetta Baraldi insieme al s.ten. Del Moro e a due specialisti in una casupola nei pressi di Chieti. I due specialisti riescono a darsi alla fuga, mentre i due ufficiali si gettano sui due tedeschi tentando di disarmarli. Ne nasce una violenta colluttazione, della quale ci sono due diverse testimonianze e che purtroppo non aiutano a svelare la piena verità dei fatti. Del Moro rimane ferito ma riesce a salvarsi: Baraldi colpito, muore e il suo corpo, cui vengono rubati gli stivali, resta a terra insepolto e coperto dalla neve. Il Comando tedesco, senza alcuna umana pietà, nega il permesso di sepoltura, malgrado le accorate richieste della signora Capozucco che aveva più volte aiutato Baraldi e nonostante l’interessamento del Vescovo mons. Falcucci. Il corpo verrà sepolto solo a liberazione avvenuta e cioè nel giugno 1944. Il valore ed il coraggio del cap. Baraldi meriteranno la proposta della Medaglia d’oro al V.M. alla memoria, ciò nonostante verrà decorato di medaglia d’argento. La vicenda e il sacrificio di Baraldi, ancora una volta, sono la testimonianza dell’altruismo e dello spirito di corpo degli uomini del 4°. La sua fedeltà alla consegna, il suo prodigarsi con sprezzo del pericolo in momenti in cui tutto poteva sembrare perduto, possono sembrare ostinazione ai limiti del fanatismo se valutati col diffuso sentire opportunistico di oggi. In realtà si tratta del più puro e disinteressato senso del dovere, del vincolo al giuramento, di fedeltà all’ideale di Patria e della responsabilità per il ruolo di comando e per i gradi portati sulla divisa. Mio padre si adoperò nel dopoguerra, con tutta la sua influenza, presso i vertici dell’Aeronautica per ottenere per il capitano Baraldi la concessione della Medaglia d’oro. Fu tutto inutile! Ostacoli burocratici? Opportunismi politici? Mio padre ne ricavò solo una grande amarezza.

La testimonianza di Del Moro 
Nel 2003 Del Moro, pilota della Scuola Caccia di Gorizia, cosi’ ha raccontato in una intervista telefonica l’episodio che si e’ concluso con la morte di Baraldi “… siamo rimasti in quattro, io Baraldi, Fereghin ed un aviere, Mario di Trieste. I tedeschi ci hanno trovato in questa grotta, io avevo la mia rivoltella sotto la paglia. I tedeschi alla mattina all’improvviso entrano nella grotta, ci intimano “raus”, fuori! Visto che erano male intenzionati, appena fuori dalla grotta dico a Baraldi “saltiamogli addosso”, uno era armato con il fucile e l’altro aveva la mia pistola. Ci hanno fatto andare sulla scarpata del fiume, ci hanno messi tutti quattro in fila. Salto addosso a quello con il fucile, gli prendo con una mano il fucile, lui spara ma non mi colpisce, non mollo la canna. Baraldi salta addosso all’altro tedesco, quello che aveva la mia rivoltella, parte un colpo e viene colpito probabilmente in bocca perche’ quando sono tornato giu’ ed ho parlato con qualcuno, mi hanno detto che gli avevano trovato un foro (dietro la testa). I due avieri sono scappati via. Tenendo (la canna ) del fucile (del tedesco) con la mano, siamo rotolati per la scarpata. (Intanto) l’altro tedesco e’ sceso mi ha sparato (tutto il caricatore della pistola). Il caricatore (della mia pistola) era pieno, piu’ (aveva) un colpo in canna. Uno (l’ha sparato) a Baraldi, tutti gli altri a me. Tre (colpi) ne ho presi, uno qua, uno qua e uno qua e dopo, finite le pallottole, mi ha colpito con (il calcio della) rivoltella, mi ha spaccato qua e qua dietro. Ho visto che non c’era piu’ niente da fare, sono scappato via, avro’ fatto cento metri poi non ce l’ho fatta e sono caduto a terra. Allora li a terra, oramai con la faccia piena di sangue, ho tirato fuori il portafogli, i tedeschi sono rimasti la, ho scritto il nome, il cognome, l’indirizzo e … “mi hanno ucciso i tedeschi, 9 gennaio 1944”. Non ho avuto la forza di rimettere il portafoglio (nella tasca) l’ho lasciato per terra (e ho perso i sensi). Dopo un po’ sento un rumore e vedo sti due tedeschi che si avvicinano, faccio finta di essere morto. Prendono il portafoglio e se ne vanno via. Dopo un po’ sento le donne parlare di la’ del fiume, era un fiumiciattolo, chiamo, chiedo aiuto, “mandiamo i nostri mariti” mi rispondono. Ero sereno, tranquillo, pensavo a mia madre e ad una ragazza che avevo conosciuto in quei giorni, a Francavilla. Poi vedo dall’altra parte del fiume un tedesco a cavallo, lo chiamo, tira fuori la rivoltella, “Tu inglish?” ed io “No, sono italiano”. E quello mi ha salvato, mi ha fatto salire sul cavallo, mi ha portato in una casa colonica, disabitata. Era piu’ giovane di me, io avevo 23 anni, lui doveva averne 20 o 21. Mi ha detto di aspettare li che chiamava gli infermieri tedeschi. Infatti dopo un po’ arriva con degli infermieri, due o tre. La zona, dal fronte al fiume Pescara (?), esclusa Chieti, al 31 dicembre, era stata fatta evacuare. Mi danno una fasciata e poi chiedo da bere. Dopo un po’ sento un colpo di rivoltella (che mi fa trasalire). Dopo mi fa salire (di nuovo) sul cavallo. Giu’ dalla collina c’erano dei cosacchi, chiedo acqua, mi portano vino. Con una camionetta mi portano a Chieti, ero in borghese. Mi mettono in un corridoio poi in sala operatoria. Il giorno dopo arriva un tedesco, voleva sapere dove avevamo messo … (le armi?). Il tedesco che mi ha salvato veniva ogni giorno a trovarmi, mi portava (da mangiare). Peccato che dopo la guerra non l’ho cercato per ringraziarlo.” 
Una semplice ed elegante tabacchiera d’argento è sul tavolino del salotto “giallo”, sul coperchio sono incise queste parole: “To  Sig. L. Monti with grateful thanks for your assistance from N°-1 Special Force May 1945”. Questo oggetto ricorda la lunga missione al Nord durata dieci mesi, dal giugno 44 all’aprile 1945 per tentare il ricongiungimento al Sud dei piloti della RSI e la loro non belligeranza. Fu portata a casa nostra a Sansepolcro da un Maggiore inglese della Special Force (questi formalisti di inglesi avevano inviato un pari grado) e consegnata a mia zia Genny l’unica che parlasse la lingua. Mio padre in quella circostanza non era in casa, impegnato fuori in campagna. Erano i primi mesi del dopo guerra, Sansepolcro era stata liberata nell’agosto del 1944, mio nonno era morto a fine marzo 1944: tempi difficili, le comunicazioni e le strade interrotte, la penuria di mezzi materiali richiedevano ancora sacrifici. Da quella fine settembre ‘43, il 4° si era reso nuovamente operativo, guadagnandosi il diffidente rispetto degli Alleati. A mio padre era stato affidato, anche se solo Capitano, il comando del X Gruppo ed anche, ad interim, quello dello Stormo, i voli di guerra erano continuati a Corfù e sul fronte della Jugoslavia a supporto delle truppe italiane isolate nei Balcani: ancora eroismi, ancora caduti, questa volta per mano tedesca. A Maggio ‘44, il gen. Piacentini, rientrato dalla prigionia in Kenia, e nominato Capo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica, convoca mio padre e gli chiede la disponibilità a portarsi al nord Italia per una missione segreta ed altrettanto delicata. Mio padre, ovviamente, accetta, convinto, come in ogni altra circostanza dal senso del dovere e dalla percezione che gli obiettivi potessero essere raggiunti. Si doveva in sostanza convincere quanti più piloti dell’ANR a disertare oppure, in subordine a fare resistenza passiva riducendo l’attività di contrasto ai bombardieri alleati diretti in Germania che, sorvolando la Pianura padana, subivano pesanti perdite ad opera della caccia repubblicana particolarmente agguerrita ed efficace. Inoltre avrebbe dovuto cercare di affiancare alle bande partigiane anche il restante personale dell’Aviazione creando dei nuclei armati regolari. Il gen. Piacentini stesso, sollecitato dai Comandi dell’Aviazione Alleata, era persuaso che la missione potesse riuscire, dato che si erano verificati duri contrasti tra italiani e tedeschi sull’impiego degli aerei italiani, tanto che il col. Ernesto Botto sottosegretario di Stato all’Aeronautica del governo di Mussolini, era stato sostituito dal più filo tedesco gen. Tessari. Vista e giudicata col senno di poi, questa missione aveva pochissime possibilità di riuscita, anche perché l’avanzata degli alleati si fermò a sud degli Appennini dall’estate del 1944 e per tutto l’inverno del ‘45, complicando l’operato di mio padre. Inoltre la partenza dei piloti per i campi del sud, doveva avvenire contemporaneamente ad una data certa, per evitare i sospetti dei nazifascisti, come poi avvenne e la cosa non era per niente facile. Molti piloti avevano poi le famiglie residenti nelle regioni del nord Italia e perciò esposte ad eventuali rappresaglie dei tedeschi, nel caso avessero disertato. Tutte queste ragioni fecero poi fallire l’operazione, ma mio padre contando anche sul suo carisma nell’ambiente aeronautico, accettò perché, almeno si doveva provare.

I piloti dell’A.N.R. Aviazione Nazionale Repubblicana 
Dopo sessantacinque anni da quella vicenda, si devono forse fare altre considerazioni. Emerge con chiarezza, almeno da parte dei vertici della Regia Aeronautica, la volontà di superare la divisione causata dall’armistizio e favorire in qualche modo il ricongiungimento senza traumi di coloro che militavano nell’ANR. Si sa che quasi tutti i piloti avevano fatto la scelta di continuare a combattere a fianco dell’alleato tedesco, non per convinzione ideologica o fanatismo spinto alle estreme conseguenze, ma per motivi che non avevano nulla dell’esaltazione militarista. Ricostituitasi la Repubblica Sociale di Mussolini e affidata a Botto l’incombenza di formare l’Aeronautica repubblicana, tanti aviatori si erano affidati alle direttive di quel comandante così rispettato e stimato. Certamente, nelle ultime fasi della guerra non si può escludere che qualcuno, isolato dal sospetto tedesco e considerato dai connazionali servo dei nazisti, possa essere caduto in una disperata  ed immotivata esaltazione: succede in tutte le guerre! Molti piloti, per non affiancarsi ai tedeschi erano tornati alla vita civile per restare vicini agli affetti familiari e a un lavoro, seppur precario, che continuasse a permettere loro di sbarcare il lunario. Altri avevano creduto, in assoluta buonafede, di continuare a combattere per l’onore, disgustati dal comportamento di Badoglio, di casa Savoia e dei vertici militari: per loro non si trattava di combattere contro altri italiani, ma di difendere le case e le fabbriche del nord dai bombardamenti degli anglo americani. Il colonnello Baylon soleva motivare i suoi piloti con queste parole piene d’orgoglio e di dispiacere: “Noi del Nord la guerra la perderemo … quelli del Sud l’hanno già persa!” Tanto più che non si potevano dimenticare tanti anni di sacrifici, di eroismi, di franco cameratismo vissuti in guerra sotto le insegne della stessa Patria. Dopo molti anni il m.llo Migliorato, pilota della 91° sq., mi confessò con molto candore: ”Io rimasi al Nord, non perché fossi convinto, anzi … I miei amici” disse proprio così “erano tutti al Sud, avrei voluto essere anch’io con loro, ma non mi fu possibile”. Nel tentativo del gen. Piacentini c’era la volontà, neppure tanto nascosta, di salvare i piloti della RSI da ulteriori inutili sacrifici, da umiliazioni e da quelle che poi si riveleranno solo sanguinarie vendette e rivalse ingiustificate. I fomentatori di discordie sarebbero venuti dopo, regolando i conti con coloro che avevano avuto solo la colpa di scegliere con coraggio la sconfitta delle armi e della Storia.

Il col. Ernesto Botto 
Dopo un addestramento all’uso della radio e alcuni lanci di prova col paracadute, mio padre si lancia nella notte tra il 13 e 14 giugno 1944 da un quadrimotore Halifax dello Special Force N°1 per atterrare nelle Valli veronesi nei pressi di Legnago dove è atteso da una delle prime bande partigiane della pianura veneta. 
Quella trentina di patrioti, inizialmente equivocano: si aspettavano che l’ufficiale paracadutato portasse loro anche un congruo finanziamento per la loro attività clandestina. Successivamente fornirono a mio padre documenti falsi tedeschi e lo inviarono prima a Lonigo e poi a S. Pietro in Gu in provincia di Padova, dove poté incontrare l’ing Prandina, un ufficiale dell’Ufficio di Sorveglianza Tecnica della FIAT che lo mise in contatto con altri membri della Resistenza, per istruirlo su come tenersi alla larga dai nazifascisti e come mantenere la sicurezza. L’ing. Giacomo Prandina, di orientamento cattolico e coraggioso partigiano “bianco”, verrà poi catturato dai tedeschi e torturato, imprigionato in Germania, vi morirà di stenti poco prima dell’arrivo delle truppe alleate; è decorato di MOVM alla memoria. Per il primo contatto mio padre si reca a Venezia a casa del tenente Paolo Berti già pilota del 4° e dell’84^ sq.. Berti ingegnere civile, si è congedato dall’Aeronautica dopo l’8 settembre e lavora per la milanese ditta di costruzioni Girola. Mio padre che ha grandissima stima dell’uomo, lo raggiunge a Milano. Qui, grazie a Berti, incontra il  cap. Clizio Nioi e il ten. col. Salvadori, ma questo contatto non è proficuo malgrado la sostanziale disponibilità dei due ufficiali. Viene anche dissuaso dal tentare di conferire col gen. Arrigo Tessari: troppo pericoloso! Intanto riesce ad incontrare il magg. D’Agostinis anche lui del 4° e viene a sapere che il collaudatore Mario Stoppani è disponibile al trasferimento da Monfalcone al Sud di aerei da lui collaudati. Berti prova a mettersi in contatto con Valignani che addestra i piloti dell’ANR a Gorizia e chiede al collaudatore della Macchi, Carestiato se c’è disponibilità per trasferire qualche caccia al Sud. Mio padre intanto si è trasferito a Torino per avvicinare i piloti in forza a Caselle Torinese. Casualmente, in città incontra il ten. col. Ernesto Botto, ormai non più sottosegretario della RSI e gli parla apertamente della sua missione. Botto si dichiara disponibile a valutare il piano di Piacentini e dà appuntamento per il giorno seguente nello studio del rag. Rol in corso Galileo Ferraris in centro città. Botto si presenta col ten. col. Calosso già comandante del 54° Stormo che non aveva aderito alla Repubblica Sociale. I colloqui proseguirono per ben cinque giorni e vi parteciparono successivamente altre “vecchie conoscenze” del 4°, i capitani Aurili e Pezzè e i tenenti Costigliolo e Querci. Da quelle discussioni emersero subito le prime difficoltà legate alla possibilità di ritorsioni tedesche nei confronti delle famiglie dei piloti. Unico risultato fu l’impegno di Botto ad impegnarsi per ridurre l’attività della caccia repubblicana contro i bombardieri anglo americani.

Il magg. Adriano Visconti 
In quelle circostanze Botto e Calosso contattarono anche l’asso magg. Adriano Visconti comandante del 1° Gruppo caccia. Visconti stava attraversando un periodo di crisi perché il gen. Tessari, in visita a quel Gruppo, col pretesto di avervi trovato il personale provato  aveva inviato tutti i piloti in licenza per un mese. Il magg. Visconti aveva considerato la circostanza, che di fatto smantellava il suo Gruppo, come un affronto personale. Pur tuttavia, quando seppe da Botto e Calosso che c’era la possibilità di trasferirsi al Sud, con un piano apposito, rifiutò perché riteneva di essersi compromesso personalmente con gli Alleati fuggendo dalla Sardegna dopo l’otto settembre e soprattutto per il rispetto dovuto ai molti caduti del suo reparto caccia. Rientrato a San Pietro in Gu, mio padre riallaccia i contatti con la missione alleata e viene informato che sono stati approntati due campi per accogliere gli aviatori del nord: uno nei pressi di Pescara e l’altro in Corsica. Intanto tarda ad arrivare da radio Londra il messaggio in codice che avrebbe dovuto autorizzare Botto a insistere nel raccogliere adesioni di piloti repubblicani per il trasferimento a Sud. A questo punto è necessario accelerare gli eventi e mio padre prende l’iniziativa di stabilire come termine ultimo per la partenza il giorno 20 agosto. A Torino organizza una postazione radio indispensabile per permettere ai piloti di Caselle di decollare. Contemporaneamente le difficoltà aumentano, così che alcuni piloti come Berti, D’Agostinis ed il m.llo Marasco riprendono in considerazione il progetto di partire con gli aerei della Macchi messi a disposizione da Carestiato. Mio padre fa la spola tra Torino e Milano. A Torino si reca nuovamente da Botto a Villadeati perché l’ufficiale è impossibilitato a muoversi dato che l’auto gli è stata requisita dai partigiani.Nel tentativo di adoperarsi per far restituire a Botto, che ha perso una gamba in Spagna, l’auto, viene scambiato per un torturatore di partigiani e viene trattenuto dalla banda comandata da “Franco”. Secondo i partigiani i documenti della Special Force sono falsi perché sprovvisti di timbro a secco e vogliono fucilare immediatamente mio padre. Per fortuna, egli riesce a farsi riconoscere dal s.ten. pilota Zanello, partigiano e già pilota del 4° che insieme a Botto convincono il comandante “Franco” della sua identità.

Il collaudatore dei CANT-Z, Mario Stoppani 
 Questi contrattempi, comprensibili in quel marasma, fanno perdere altro tempo a mio padre che ha in mente di convincere anche gli aerosiluratori a passare al Sud. Il tentativo, dopo il contatto con il capitano Cipelletti, fallisce e mio padre si porta nuovamente a Udine dove incontra ancora il collaudatore Stoppani che propone a mio padre di utilizzare un CANT-Z. 1007. Il 18 agosto, effettuato un volo d’ambientamento a Ronchi dei Legionari, Stoppani prepara il passaggio delle linee avvisando alcuni piloti tra cui il ten. col. Brambilla di tenersi pronti. Valignani avrebbe invece, utilizzato un BR 20 in maniera autonoma. La mattina del 21, insieme a D’Agostinis e Stoppani, parte in auto da Cervignano per dirigersi a Milano dove un secondo gruppo di piloti comprendente appunto D’Agostinis e Berti sarebbe decollato da Lonate utilizzando i Macchi. Mio padre comincia ad avere fretta: la sua attività inizia a destare sospetti e troppi sanno della sua missione. Nei pressi di Treviso l’auto è fermata ad un posto di blocco delle SS che hanno dei sospetti e stanno per arrestare i due ufficiali. Mio padre con notevole sangue freddo riesce a distrarre il capoposto e a fuggire con Stoppani, mentre D’Agostinis è arrestato. Per fortuna, non succede altro, ma mio padre mi ha confessato che in quegli attimi in cui si stava allontanando si aspettava solo una raffica di mitra nella schiena. Lasciato Stoppani a Brescia prosegue in treno per Milano dove Berti lo informa che Aurili e Querci da Torino vogliono incontrarlo. Ci sono novità! I tedeschi hanno mangiato la foglia e, sempre diffidenti con gli italiani, hanno decentrato gli aerei in maniera tale che nessuno possa partire alla chetichella. Proprio in quei giorni i tedeschi si presentarono negli aeroporti del Nord, dove dissero chiaramente che sospettavano una diserzione; per questo motivo volevano sapere chi dell’Aeronautica Repubblicana fosse disposto a restare con loro. Coloro che aderirono, furono avviati in Germania mentre il restante personale fu consegnato negli aeroporti e considerato prigioniero. In alcuni casi ci furono persino sparatorie a seguito di questo provvedimento dei tedeschi; poi però le acque si calmarono e lo stesso Mussolini ottenne dai comandi tedeschi che il personale dell’ANR fosse posto in congedo. Questo atto segna lo scioglimento ufficiale dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana. A Milano ancora una volta, mio padre viene a sapere dal figlio di Stoppani, collaudatore della Nardi, che i tedeschi hanno requisito tutta la benzina bloccando così ogni attività di volo.

Il rientro al Sud 
Si decide a lasciare Milano dove ha dato come ultima istruzione a Berti di convincere i responsabili delle ditte aeronautiche della Lombardia ad occultare quanto più materiale possibile. Rientra così a Vicenza dove però ha notizia che SS e Brigate nere sono sulle sue tracce a seguito di denuncia a carico suo e di altri partigiani della zona, gli viene consigliato di tenersi lontano dal vicentino e da Padova. Prende la decisione di approfittare del CANT-Z. 1007 di Stoppani per portarsi al Sud, ma il collaudatore gli dice che ormai i tedeschi hanno fatto smontare gli ultimi due efficienti. Mio padre si nasconde allora in casa Stoppani dove, tagliatisi barba e baffi, si procura nuovi documenti e decide di passare le linee a piedi dopo aver lasciato messaggi per coloro che volevano fare altrettanto. 
Raggiunta Bologna a metà di settembre pensa di attendere l’arrivo degli Alleati che sono giunti a Rimini. Ma questo non succede e riannodati con difficoltà i contatti con la missione, chiede e attende istruzioni che arrivano solo a metà gennaio, con l’ordine di passare le linee e per questo di prendere contatto col magg. inglese Erikson nel modenese. In quel periodo viene a sapere che un camion della Croce Rossa deve partire per Sestola e da lì si possono passare le linee con l’aiuto di guide esperte. La partenza del camion è sempre ritardata ed allora mio padre si accorda col cap. Lorenzo Pallavicini che si era dato alla clandestinità e aveva pure una taglia di 25.000 lire sul capo, per tentare di passare le linee a piedi, ma giunti a Montepastore, una ventina di km. a sud di Bologna, sono rimandati indietro da un maresciallo tedesco. Rientrato nel capoluogo emiliano, non riesce a rintracciare il magg. Erikson e si rassegna insieme a Pallavicini ad attendere l’arrivo delle truppe alleate. In quel periodo ha modo di incontrare alcuni piloti che hanno militato nell’ANR e che si confidano con lui rivelandogli lo sfascio di quell’ambiente, dominato per lo più da gente ambiziosa e velleitaria in contrasto con quegli aviatori che non avevano collaborato con i tedeschi o addirittura avevano partecipato alla resistenza. Ma la resa dei tedeschi e la Liberazione tardano ad arrivare e mio padre si affida all’avv.to Turilli che gli ha usato più di una cortesia nel periodo bolognese. Turilli lo indirizza al partito comunista che è ben organizzato nella resistenza emiliana e così insieme a Pallavicini raggiunge, in zona controllata dai partigiani, la missione inglese del magg. Dawies, da dove accompagnato da staffette, attraversa il fronte raggiungendo Barga in Garfagnana il 15 aprile 1945.

La ricompensa per la missione oltre le linee 
Per questa lunga e rischiosa missione mio padre viene proposto per la medaglia d’argento che poi sarà declassata nel bronzo al VM, con la seguente motivazione

“Ufficiale animato da elevati sentimenti di amor patrio e di dedizione all’ Arma, accettava volontariamente di compiere una speciale missione per operare il ricongiungimento delle forze dell’Aeronautica rimaste in territorio occupato dai tedeschi a quelle ricostituentesi alle dipendenze del Governo legittimo. Raggiunta l’alta Italia mediante aviolancio, per dieci mesi si prodigava instancabilmente nel compito assuntosi, incurante del gravissimo rischio, penetrando audacemente negli ambienti militari avversari. Con passione e intelligenza svolgeva efficacissima opera di persuasione per sottrarre il personale dell’Arma alla collaborazione del tedesco invasore, confortava e assisteva i militari alla macchia, si prodigava nell’organizzazione del passaggio di velivoli e piloti in territorio liberato, raccoglieva e trasmetteva al proprio comando preziose notizie sulle forze nemiche”.Italia Occupata, 14 giugno 1944 / 15 aprile 1945

Così, con questa medaglia, il Maggiore A.A. r.n. pilota Luigi Monti, entrava anche nel ristretto numero di militari italiani decorati al Valore sia dal Regno che dalla giovane Repubblica.

Il congedo e il ritorno alla vita civile mti068, mti005, mti009, mti029, mti036, mti043, mti044, mti064b, mti065, mti067 
Dopo la guerra, mio padre si congeda dall’Aeronautica col grado di Maggiore pilota, ritenendo di aver dato abbastanza alla Patria e rientra alla vita civile. Si deve occupare dei beni di famiglia che amministrerà nel periodo difficile della ricostruzione e poi gestendo il passaggio dalla mezzadria alla conduzione diretta in agricoltura, riuscendo a guidare con accortezza e sagacia quel mutamento epocale che coinvolgerà la nostra terra di Toscana. Potrebbe facilmente laurearsi, gli mancano solo otto esami di Economia e Commercio: gli ex combattenti sono trattati con un occhio di riguardo negli Atenei, ma preferisce lasciar perdere. Si mette insomma a fare il Cincinnato, come faranno tanti suoi compagni d’arme. E sì che potrebbe avere una carriera prestigiosa in Aeronautica, ma gli alti gradi non fanno per lui, poco incline a fare il passacarte dietro una scrivania. Rimpiangeva sempre il periodo da capitano, da lui definito “ il più bel grado delle Forze Armate”. E pure potrebbe vantare meriti “resistenziali” più di molti altri che in quel periodo sgomitano per mettersi in mostra. Penso che in quei momenti, riaffiorasse in lui il senso del dovere. Dovere e responsabilità nei confronti delle generazioni che lo avevano preceduto e che si erano sacrificate “sgobbando” per lasciare a chi veniva dopo, un certo benessere e sicurezza materiale. Si rimette in gioco nuovamente. Non sa nulla d’agricoltura, non conosce nemmeno la differenza tra il frumento e l’orzo, ma impara rapidamente e sale sul trattore, che considererà sempre più pericoloso dell’aereo. Acquistati trattori e trebbiatrice, innovativi per quei tempi, esegue conto terzi motoarature e trebbiature a contatto con un mondo rurale che fino allora lo aveva solo sfiorato. Proseguirà in questa attività fino a metà degli anni ’70. Buon conoscitore degli uomini data la sua precedente esperienza di comando, sa dare valore alla fatica che il duro lavoro della terra esige ogni giorno e apprezza le capacità contadine che fanno fruttare la campagna. In quegli anni di forti contrasti sociali e di classe, sa meritarsi il rispetto anche delle persone che  avversano le sue idee e covano rancori e voglia di rivalsa.

Il teatro di Sansepolcro 
Un’altra grande passione di mio padre sarà il Teatro Dante di Sansepolcro di proprietà dell’Accademia dei Risorti. Il Teatro, inaugurato nel 1836, è una istituzione  della città e fino agli anni ’50 è stato lasciato in condizioni di abbandono, affittato al sig. Cutini di Arezzo come cinematografo. Mio padre si adopererà per adeguarlo ai tempi. Insieme ad altri componenti il Consiglio, tra cui ricordo volentieri il sig. Luigi Giovagnoli e l’ing. Perugino Perugini, trasformerà l’Accademia dei Risorti in S.r.L. e l’attività cinematografica, gestita in proprio, consentirà l’avvio di restauri conservativi che restituiranno nel tempo al Teatro l’antico decoro. Se oggi il Teatro Dante di Sansepolcro è uno dei pochi teatri della Toscana rimasto di proprietà privata, attraverso un’amministrazione oculata e l’impegno disinteressato di alcuni cittadini, è merito e orgoglio dell’Accademia dei Risorti. Mio padre resterà sempre in contatto con quelli del 4° Stormo attraverso la Calotta, i raduni e quelle iniziative del ricordo e della memoria cui periodicamente i “veci” parteciperanno. Ho avuto il raro privilegio di conoscere molti di loro: italiani che neppure la divisione della Patria tra Nord e Sud dopo l’8 settembre, era riuscita a mettere “contro”. Sto parlando di un legame così profondo e ideale tra quegli uomini, che neppure so spiegare e che riesce solo a commuovermi. Mio padre sarà per sempre un pilota.

Tempo di guerra e tempo di pace 
Affido volentieri la chiusura di queste poche pagine a un ricordo di mio padre; ne è autore il caro amico di una vita: per me, semplicemente, Sandro. Conobbi Luigi Monti, il Colonnello, come lo chiamavano tutti in paese, alla fine degli anni ’50, quando avevo poco più di otto anni, perché ero compagno di scuola del figlio Bernardo. Ero appassionato di storia dell’aviazione: sapevo a menadito tutti i modelli di caccia che avevano solcato i cieli dell’ultimo conflitto mondiale, e poter frequentare uno che era stato ai comandi di quelle mitiche macchine volanti, mi riempiva di orgoglio. Era un uomo asciutto nel corpo come nell’eloquio, misurato nel parlare come lo sono a volte i militari, ed anche certi ruvidi toscani, e ancor più stringato diventava quando si toccava l’argomento della guerra. Una volta gli chiesi quale ebbrezza avesse provato a lanciarsi col paracadute. Mi rispose con brevi parole, mentre un guizzo ironico gli assottigliava gli occhi chiari, che non gli era mai garbato, tranne quella volta che in Spagna si era buttato dal suo CR 32, per non arrostirci dentro. L’avara risposta deluse la mia curiosità di ragazzo, che si aspettava chissà quali descrizioni emozionali. E così fu altre volte, quando cercai di parlare col Colonnello delle sue imprese di guerra: liquidava sempre l’argomento con scarne battute. Capii col tempo. Crescendo fui folgorato dalla passione per la montagna verticale e, nell’esercizio di questa pratica, ebbi la fortuna di conoscere fior di alpinisti. Nelle loro parole, lo stesso riserbo del vecchio aviatore, quando parlavano del passato. Chi ha veramente vissuto la guerra o la montagna, ha visto la morte in faccia, ha perso il commilitone o il compagno di cordata, non ha gran voglia di parlare di tutto ciò, o peggio di ricamarci sopra della retorica. Bernardo mi aveva parlato dell’esistenza di alcuni spezzoni di pellicola che il padre aveva girato in varie occasioni del suo passato di ufficiale pilota, ma che, molto malvolentieri, rivedeva raramente, per evitare la pena delle immagini degli amici caduti in combattimento. Parecchi anni dopo la morte del padre, Bernardo mi mostrò i vecchi filmati. Nel vedere gli sbiaditi fotogrammi di quell’uomo in guerra tra uomini in guerra, mi balenò un ricordo lontano della mia infanzia: di lui che una sera rientrava a casa dalle sue terre, sul far del tramonto, alla guida del trattore, e mi saluto con un sorriso. Le immagini del filmato, di quel giovane che viveva una quotidiana sfida con la morte, ed il mio ricordo del tranquillo gentiluomo di campagna, mi parvero inconciliabili, appartenenti a vite e persone diverse. Leggo una delle belle pagine che precedono, e le due immagini si saldano invece indissolubilmente. Ad un superiore che quasi gli rimproverava di non avere mitragliato il nemico abbattuto, Luigi Monti rispose “Sono un aviatore, non un criminale”. Combatté, da eroe ma senza fanatismo e, finito il conflitto, scese dai caccia e salì sul trattore, perché sapeva che c’è un tempo per ogni cosa: per la guerra come per la pace.Sandro Rondoni. 
  
  
  
  
 

Si riportano alcuni stralci dei Diari Storici del X° Gruppo e della 84^ Squadriglia, relativi alla partenza per il fronte africano.

Stato Maggiore Aeronautica – Ufficio Storico 
Diario Storico – 10 Gruppo C.T. 
1940 
Il Gruppo ha sede di pace a Gorizia ed e’ comandato dal Ten. Col. PIRAGINO Armando. 
Comandano le tre Squadriglie i Capitani: 
MONTI Luigi 84^ Sq. 
MAGGINI Renzo 90^ Sq. 
D’AGOSTINIS Giuseppe 91^ Sq. 
Il giorno 5 Giugno, in seguito ad ordine verbale del Comando di Stormo, partono per Brindisi gli uomini di Truppa e gli Specialisti. 
Gli equipaggi sono: 
84^ Squadriglia: Cap. Monti Luigi; Cap. Lanfranco Aldo; Ten. Vanni Vincenzo; Ten. Aurili Giuseppe; Mar. Nicola Emiro; Mar. Bandini Mario; Serg. Magg. Corsi Ugo; Serg. Santocito Domenico; Serg. Patrizi Corrado; Serg. Scaglioni Giuseppe; Serg. Steppi Roberto; Serg. Pillepich Narcisio. Il Ten. Aurili, trovandosi in missione speciale in Ungheria, non puo’ partire in volo con la Squadriglia. 
90^ Squadriglia: Cap. Magini Renzo; Ten. Guiducci Giovanni; Ten. Lucchini Franco; Ten. De Benedetti Neri; S.Ten. Rusconi Alessandro; Mar. Alesi Omero; Serg. Savini Angelo; Serg. Monterumici Amleto; Serg. Crociati silvio; Serg. Sclavo Alfredo; Serg. Ceoletta G.Battista; Serg. Guillet Paolo; Serg. Bortoletti Bruno. 
91^ Squadriglia: Cap. D’Agostinis Giuseppe; Ten. Martissa Enzo; S.Ten. Caporali Ruggero; Mar. Chianese Raffaele; Mar. Romandini Vittorio; Serg. Magg. Ferrulli Leonardo; Serg. Magg. Migliorato Lorenzo; Serg. Magg. Fiorito Natale; Serg. Miotto Elio; Serg. Scozzoli Guido; Serg. Rosa Aldo; Serg. Bladelli Alessandro; Serg. Ferrario Luigi. 
Il X° Gruppo viene dotato di 27 Apparecchi C.R. 42 mediante la cessione da parte del 9° Gruppo di 5 aeroplani. Ogni Squadriglia ha quindi in carico 9 C.R. 42 ed un Ca. 133 per il trasporto eventuale di materiale e personale. Secondo il piano di adunata, il X° Gruppo dovra’ raggiungere, quale sede di guerra, l’Aeroporto di Tobruch=T.2. 
Il Comandante del X° Gruppo C.T. – Ten. Colonnello Pilota Carlo Romagnoli.

Diario Storico – 84^ Squadriglia C.T. 
1940 
5/6 = 1940 
La 84^ Squadriglia Caccia Terrestre del 4° Stormo C.T. con sede in Gorizia riceve verbalmente l’ordine dal Comando del Xº Gruppo C.T. di trasferire, per vie ordinarie con destinazione Brindisi, tutto il personale specializzato, i piloti non destinati a partire in volo ed il materiale occorrente per il funzionamento della Squadriglia. Alle ore 10.30 dalla stazione ferroviaria di Gorizia S. Marco, il personale in un treno speciale, lascia Gorizia dopo aver ricevuto il saluto del Comandante e del personale tutto del 4° Stormo C.T. Alla data della ricezione dell’ordine di trasferimento l’84^ squadriglia C.T. E così costituita:

Piloti  N° 12: Cap. Monti Luigi; Cap. Lanfranco Aldo; Ten. Vanni Vincenzo; Ten. Aurili Giuseppe; Mar. Nicola Emiro; Mar. Bandini Mario; Serg. Mag. Corsi Ugo, Serg. Santonocito Domenico; Serg. Patrizi Corrado; Serg. Scaglioni Giuseppe; Serg. Steppi Roberto: Serg. Pillepich Narciso. Il Ten. Aurili Giuseppe, trovandosi in missione speciale all’estero (Ungheria), non partecipa al trasferimento della Squadriglia. 
Personale specialista: Motoristi: 3 Sottufficiali e 10 di truppa; Montatori: 1 Sottufficiale e 5 di truppa; Armieri: 1 Sottufficiale e 4 di truppa; Governo: N° 22 Avieri. Apparecchi: N° 6 C.R. 42. 
6/6 = 1940 
Il IX° Gruppo C.T. cede al Xº Gruppo gli apparecchi occorrenti per raggiungere il numero di 9 aeroplani per Squadriglia. La 84^ Squadriglia C.T. ne prende quindi in carico 2 cedutegli dalla 73^ Squadriglia e 1 dalla 96^ Squadriglia. Vengono inoltre assegnati alla 84^ Squadriglia tre piloti per poter effettuare il trasporto in volo. Essi sono: S.Ten. Oblac ed il Serg. Gino (73^) ed il S.Ten. Agnelli (96^). Viene comunicata dal Comando del Xº Gruppo la sede dello schieramento della Squadriglia deve raggiungere in volo e cioè l’aeroporto di “T2” di Tobruch (Cirenaica). Vengono inoltre fissate le tappe e dati gli ordini necessari per effettuare il trasferimento. La partenza dovrebbe avvenire il giorno 8 giugno all’alba. 
7/6 = 1940 
Alle ore 12.00 il Comandante del Xº Gruppo comunica che la partenza deve avvenire al più presto nella giornata stessa. Tutto il personale della Squadriglia che parte in volo ha appena il tempo di chiudere il proprio bagaglio. Il Comandante del 4° Stormo e il personale tutto dell’aeroporto di Gorizia dà ai partenti un affettuoso, commovente saluto. La Squadriglia su 9 C.R. 42 e con 1 apparecchio da trasporto Ca. 133 decolla alle 15.10 con la seguente formazione: 
C.R. 42 
               Ten. Col. PIRAGINO Armando 
Serg. SANTOCITO Domenico               S.Ten. AGNELLI 
    Cap. MONTI Luigi 
Mar. BANDINI Mario                Serg. GINO Santo 
    Ten. VANNI Vincenzo 
Serg. Magg. CORSI Ugo    S.Ten. OBLAC 
Ca 133 
Piloti: Mar. NICOLA Emiro                                            Serg. STEPPI Roberto 
Specialisti: Motoristi: Serg. Magg. MONTRESOR Mario 
Serg. Magg. RIEPPI Mario – 1º Av. REICHSTEIN Renato 
Montatori: 1° Av. NANNI Pietro.

Rimini è la prima meta degli apparecchi; su quel campo si atterra alle 16.00. Il rifornimento viene eseguito a cura degli specializzati del IX° Gruppo giunti precedentemente a Rimini con gli apparecchi Ca. 133. Da Rimini la Squadriglia decolla alle 17.30, facendo rotta sul campo di Foggia dove atterra alle 18.50. L’Apparecchio di trasporto della Squadriglia partito da Gorizia e diretto a Foggia senza atterraggi intermedi, si trova già su questo campo. 
8/6 = 1940 
Alle 9.15 la Squadriglia decolla dal Campo di Foggia diretto a Grottaglie dove atterra alle 10.00. A Grottaglie un apparecchio, causa la rottura dei flappelli, ci fa ritardare la partenza. I camerati del 6° Stormo ci accolgono fraternamente e si prodigano perché i nostri rifornimenti avvengano nel più breve tempo possibile. Alle ore 15.20 tutti gli apparecchi della Squadriglia decollano dal campo di Grottaglie diretti a Catania. Al largo del golfo di Taranto incontriamo per breve tratto un temporale violentissimo con forti scariche elettriche; in seguito facciamo quota, si devia sulla destra della rotta prestabilita per evitare notevoli formazioni nuvolose che si spingono oltre i 4000 m. Su Vibo Valentia siamo nuovamente in rotta a poche centinaia di metri di quota. Sorvolato lo stretto di Messina si incontrano spesse formazioni di nubi che si abbassano al di sotto di 50 m di quota sul mare. Atterriamo a Catania in perfetta formazione e alle 17.10; sull’Aeroporto non troviamo nessuna assistenza per eseguire i rifornimenti quantunque si abbia l’impressione di trovarci in una sede attrezzatissima. Superando notevoli difficoltà e con grande perdita di tempo, gli specializzati trasportati in volo effettuano rifornimento di tutti gli aeroplani; si pernotta a Catania. 
9/6 = 1940 
Al mattino ci viene comunicato l’ordine perentorio di raggiungere in volo Tripoli a qualunque costo e a prezzo di qualunque sacrificio, facendo scalo sull’aeroporto di Pantelleria: le condizioni del tempo su questa isola sono proibitive ad una formazione di gruppo di 27 caccia. Le condizioni atmosferiche di Pantelleria danno a 600 m. 10/10 coperto con altre formazioni nuvolose da 300 a 600 m., la quota d’atterraggio sul livello del mare e di 200 m. Il comandante del Gruppo (Ten. Col. Piragino), ben comprendendo i gravi rischi di un simile trasferimento, chiama a rapporto i tre Comandanti le Squadriglie; durante questo rapporto, esclusa la possibilità di un atterraggio a Pantelleria, si stabilisce di raggiungere Tripoli facendo scalo a Comiso; si controlla accuratamente la distanza che separa Comiso da Tripoli e si chiede l’autorizzazione a Roma per effettuare la variante del percorso già stabilito. L’autorizzazione viene telefonicamente concessa. La Squadriglia decolla da Catania alle 11.00 e atterra a Comiso alle 11.30; lo Stormo da bombardamento dislocato su quell’aeroporto ci dà la massima assistenza e ospitalità; viene particolarmente curato il rifornimento completo degli aeroplani. Gli equipaggi indossano il salvagente; e il Comandante del Gruppo chiama rapporto tutto il personale impartendo gli ordini precisi da eseguire durante la traversata del Mediterraneo. Alle 15.00 decolliamo da Cosimo scortati da tre idro Cant. Z. 506 che hanno il compito di guidare la rotta di raccogliere quei piloti che a causa di eventuali avarie al motore fossero costretti a scendere in mare. Per evitare l’isola di Malta si devia leggermente sulla destra della rotta dopo aver compiuto la traversata in perfetta formazione e senza lamentare incidenti di sorta. Si atterra all’aeroporto di Castel Benito alle 17.00. 
10/6 = 1940 
Finalmente una giornata intera di riposo. Il personale specializzato della squadriglia coadiuvato dal personale del secondo stormo approfitta per la messa a punto dei motori.

Il Comandante la 84^ Squadriglia C.T. 
Capitano A.A. r.n. 
Luigi Monti 
  
  
  
  
 

Documentazione fotografica: 
Archivio Associazione 4° Stormo, Ufficio Storico Aeronautica Militare e famiglie Annoni, Bandini, Baschirotto, Bersani, Ceccotti, Cesari, Comelli, Dequal, Del Moro, Movia, Gon, Lapanja, Mantelli, Montanari, Movia, Oblach, Omiccioli, Paravicini, Pocar, Secchiaroli, Stasi, Steppi, Stoppani, Virgilio.

Testimonianze verbali: 
Del Moro

Consulenza tecnica e storica: 
Gabriele Brancaccio, Sergio Mecchia, Ferdinando Pedriali, Franco Orlando

Si ringrazia per la collaborazione: 
Manlio Palmieri, Piero Melandri e Sandro Rondoni

Bibliografia: Diari Storici, “Ufficio Storico Aeronautica Militare”,  “Quelli del Cavallino Rampante”, gen. Antonio Duma

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