Lamberto Del Moro classe 1920, consegue il brevetto di pilota civile nel 1940 ed il brevetto militare il 5 gennaio 1941 a Falconara. E’ trasferito a Gorizia il 21 novembre 1942 presso il Comando Scuola Addestramento caccia Terrestre ed ha come istruttori alcuni dei famosi piloti del 4° Stormo tra cui Pezze’, Pongiluppi, Romandini, Cagliari e Gino. Il 19 maggio viene trasferito a Campoformido presso il 1° Nucleo Addestramento Caccia. Il 21 agosto 1943 e’ a Pescara con il 4° Stormo. Collezione Del Moro. Muore a Gorizia nell’ottobre 2006.

dmo01: Gorizia1942 “Ai miei genitori caramente. Lamberto”.Del Moro davanti ad un C.R.32. In quell’anno i C.R.32restavano in servizio con compiti di seconda linea

Nel 1943 Del Moro, pilota della Scuola Caccia di Gorizia e’ testimone dell’episodio che si e’concluso con la morte di Baraldi
“… siamo rimasti in quattro, io Baraldi, Fereghin ed un aviere, Mario di Trieste. I tedeschi ci hanno trovato in questa grotta, io avevo la mia rivoltella sotto la paglia. I tedeschi alla mattina all’improvviso entrano nella grotta, ci intimano “raus”, fuori! Visto che erano male intenzionati, appena fuori dalla grotta dico a Baraldi “saltiamogli addosso”, uno era armato con il fucile e l’altro aveva la mia pistola. Ci hanno fatto andare sulla scarpata del fiume, ci hanno messi tutti quattro in fila. Salto addosso a quello con il fucile, gli prendo con una mano il fucile, lui spara ma non mi colpisce, non mollo la canna. Baraldi salta addosso all’altro tedesco, quello che aveva la mia rivoltella, parte un colpo e viene colpito probabilmente in bocca perche’ quando sono tornato giu’ ed ho parlato con qualcuno, mi hanno detto che gli avevano trovato un foro (dietro la testa). I due avieri sono scappati via. Tenendo (la canna ) del fucile (del tedesco) con la mano, siamo rotolati per la scarpata. (Intanto) l’altro tedesco e’ sceso mi ha sparato (tutto il caricatore della pistola). Il caricatore (della mia pistola) era pieno, piu’ (aveva) un colpo in canna. Uno (l’ha sparato) a Baraldi, tutti gli altri a me. Tre (colpi) ne ho presi, uno qua, uno qua e uno qua e dopo, finite le pallottole, mi ha colpito con (il calcio della) rivoltella, mi ha spaccato qua e qua dietro. Ho visto che non c’era piu’ niente da fare, sono scappato via, avro’ fatto cento metri poi non ce l’ho fatta e sono caduto a terra. Allora li a terra, oramai con la faccia piena di sangue, ho tirato fuori il portafogli, i tedeschi sono rimasti la, ho scritto il nome, il cognome, l’indirizzo e … “mi hanno ucciso i tedeschi, 9 gennaio 1944”. Non ho avuto la forza di rimettere il portafoglio (nella tasca) l’ho lasciato per terra (e ho perso i sensi). Dopo un po’ sento un rumore e vedo sti due tedeschi che si avvicinano, faccio finta di essere morto. Prendono il portafoglio e se ne vanno via. Dopo un po’ sento le donne parlare di la’ del fiume, era un fiumiciattolo, chiamo, chiedo aiuto, “mandiamo i nostri mariti” mi rispondono. Ero sereno, tranquillo, pensavo a mia madre e ad una ragazza che avevo conosciuto in quei giorni, a Francavilla. Poi vedo dall’altra parte del fiume un tedesco a cavallo, lo chiamo, tira fuori la rivoltella, “Tu inglish?” ed io “No, sono italiano”. E quello mi ha salvato, mi ha fatto salire sul cavallo, mi ha portato in una casa colonica, disabitata. Era piu’ giovane di me, io avevo 23 anni, lui doveva averne 20 o 21. Mi ha detto di aspettare li che chiamava gli infermieri tedeschi. Infatti dopo un po’ arriva con degli infermieri, due o tre. La zona, dal fronte al fiume Pescara (?), esclusa Chieti, al 31 dicembre, era stata fatta evacuare. Mi danno una fasciata e poi chiedo da bere. Dopo un po’ sento un colpo di rivoltella (che mi fa trasalire). Dopo mi fa salire (di nuovo) sul cavallo. Giu’ dalla collina c’erano dei cosacchi, chiedo acqua, mi portano vino. Con una camionetta mi portano a Chieti, ero in borghese. Mi mettono in un corridoio poi in sala operatoria. Il giorno dopo arriva un tedesco, voleva sapere dove avevamo messo … (le armi?). Il tedesco che mi ha salvato veniva ogni giorno a trovarmi, mi portava (da mangiare). Peccato che dopo la guerra non l’ho cercato per ringraziarlo.”