Motto
In
ogni reparto dell'Aeronautica, in occasione di ricorrenze o
anniversari, si tengono riunioni conviviali solenni alle quali
partecipa tutto il personale. Questi pranzi di Corpo, così
sono chiamati, sono occasioni nelle quali con la regia del
Capo Calotta, un ufficiale subalterno di provate qualità,
egli stesso e il Comandante del Reparto prendono la
parola con discorsi a contenuto commemorativo, programmatico e
talvolta secondo le circostanze, elogiativo o di biasimo
diretti a tutti. <Ghereghereghez
- Ghez!- Ghereghereghez - Ghez! Ghereghereghez
- Ghez! - Ghez! Ghez!> quasi ad emulare il ringhio delle mitragliatrici dei biplani; al 4°Stormo invece il capocalotta grida, secondo un rituale che riporta alla caccia e alla fortuna dei cacciatori: <Al
lupo! Al lupo!>
Mentre
tutti brindano ma ancora non si è spento l'eco del terzo
Ahumm!, uno tra i più giovani ufficiali ultimi arrivati al
reparto scelto fra i presenti, spontaneamente* a gran voce
intona guadagnandosi al contempo la
notorietà e il diritto di offrire il caffè a tutti i presenti.
Le
origini
Al Lupo! Al Lupo! Ahum! Allorché
il 1° Stormo Caccia scelse per i suoi brindisi il
celebre «Gheregheghez»! erano in voga al termine delle
riunioni conviviali nell'ambito aeronautico altri gridi:
il dannunziano «Eia, eia, a-lalà» e gli «Al lupo!»
consacrati da tante gloriose imprese. Al Lupo, Al Lupo,
venne gridato per la prima volta, presso il 4° Stormo,
nel 1932 sotto il col. Porro, secondo la testimonianza
dell'allora capocalotta Mario Salvadori che gli
attribuisce il significato di «spaventare gli altri».
Secondo un'altra testimonianza, quella di Pasquale
Gigliarelli, un ottimo sottufficiale pilota dello
stormo, assegnato alla 73^ Squadriglia, l'idea del nuovo
grido nacque nel corso di una cena di reparto a
Moncorona (Cromberg) e prima veniva usato il
Gheregheghez, come del resto conferma lo stesso
Salvadori, capocalotta a Gorizia nel 1932 quale tenente
più anziano del 4° Stormo e del 21° da ricognizione.
A
Vitraria!
Nel
1942, a metà del mese di aprile, il 4° Stormo con i suoi
IX e X Gruppo si rischiera in Sicilia per iniziare il suo
secondo ciclo di guerra nei cieli di Malta. Il IX Gruppo,
agli ordini del Magg. Pil. Antonio Larsimont Pergameni, il
giorno 15 completò il proprio trasferimento sull'aeroporto
di Castelvetrano e subito dette inizio a un durissimo
ciclo operativo. I duelli aerei erano violentissimi; ai
Macchi MC202 si opponevano con accanimento Hurricane e
Spitfire disegnando nel ciclo dell'isola figure
arditissime e caroselli tirati allo spasimo. Le molte
nuove vittorie dei nostri cacciatori richiedevano in
cambio un pesante tributo e dolorosi sacrifici. I velivoli
italiani non disponevano di radioassistenze che li
potessero guidare al loro rientro dall'isola così
aspramente contesa ma solo una bussola magnetica non
sempre attendibile e l'abilità del pilota. Poche anche le
semplici radio installate a bordo. Una difficoltà in più
per i piloti che dovevano orientarsi nel volo a vista,
riconoscendo i luoghi anche in presenza di condizioni di
tempo atmosferico e visibilità marginali, guardandosi le
spalle da eventuali inseguitori e ormai isolati gli uni
dagli altri dopo le capriole per portarsi in posizione di
sparo o per sottrarsi alla caccia degli altri, sempre con
problemi di scarsità di carburante.
Per loro fortuna i reduci potevano contare su l'aiuto involontario di una vecchia vetreria che sorgeva a pochi chilometri dal campo di Castelvetrano. Le lavorazioni, prima della guerra, erano alimentate da vetri, bottiglie, damigiane e altri materiali vetrosi raccolti come rifiuti e ridotti in minuti pezzi per essere introdotti e nuovamente fusi nelle fornaci. I detriti giacevano ammucchiati vicino ai capannoni industriali in cumuli abbastanza alti che scintillavano al sole e che rendevano il posto individuabile da qualche decina di chilometri. Era diventato normale durante i briefing che si tenevano prima delle missioni e nei quali venivano ripetute in dettaglio le azioni da adottare, le modalità di risoluzione delle emergenze e gli ordini da eseguire, chiudere la riunione dicendo: "al rientro appuntamento e raduno alla vetreria". È verosimile pensare che i piloti esausti, provati dalle accelerazioni, dal rumore assordante e dai fumi del motore e degli spari, preoccupati dal livello del carburante, addolorati dalla perdita di qualche caro amico visto cadere in combattimento, al primo percepire del brillio che indicava casa, liberassero dal petto un sospiro di sollievo e un grido silenzioso: "la vetreria!" Ed è verosimile che il radunarsi di tanti velivoli provenienti da più direzioni in un solo punto non fosse un'operazione delle più ordinate e che una volta radunati, con qualche altra ardita manovra, si cercasse di scacciare dall'anima l'oppressione e la tristezza lasciate dall'asprezza dei combattimenti. Che in Aeronautica, si sa, la lingua semiufficiale, più usata dell'italiano, sia il napoletano altro non fece che modificare l'originaria vetreria in vitriaria. II 15 maggio un nuovo ordine di trasferimento inviava il IX e il X Gruppo, insieme, in Africa settentrionale, a Martuba, a sostegno di una nuova offensiva contro l'8a Armata inglese. Da allora, anche se il ciclo di operazioni su Malta durò solo un mese, rimase profondamente impressa nella memoria e nelle tradizioni del Reparto quella vetreria, " 'a vitriaria", come luogo di approdo fortunato, di riflessione e di riposo dopo momenti di sacrificio anche estremo, come anticipazione di un ritorno a casa e ancora, perché no, come momento di liberazione e di gioia, di eccitazione e di esultanza, di goliardia cui dare libero sfogo. In quest'ultima accezione la conclusione del brindisi del 4° ricorda l'analogo grido di buon augurio che chiude il brindisi dei Reparti da caccia Francesi dopo una lunga ed elaborata formulazione: " A la chasse bourdel!". |